Gesù contraddice e rimprovera coloro che, tra i presenti, ricercano un segno, una conferma alla loro fede. Una specie di assicurazione. Invita invece a saper leggere i segni dei tempi, a guardare alla propria realtà con spirito di profezia. Quando parliamo del segno di Giona, giustamente ci riferiamo al fatto che il profeta dell’Antico Testamento è stato “sepolto” per tre giorni nel ventre del pesce e poi è tornato alla vita, interpretandolo come un riferimento alla morte e resurrezione del Signore.
Ma forse possiamo andare oltre e guardare all’intera vicenda di Giona per metterla in collegamento con la nostra vita. Il profeta sa di aver ricevuto una missione da Dio, e la rifiuta; scappa, si allontana da Dio. Costretto dalla tempesta, sa comunque vedere in essa un richiamo forte alla sua vocazione e sceglie la morte piuttosto che mettere in pericolo chi sta in quel momento accanto a lui.
Gettato sulla spiaggia di Ninive e forzato alla sua missione svolge il suo compito e, invece di esser felice per la conversione dei niniviti, litiga con Dio perché, a suo dire, lo ha mostrato bugiardo e inaffidabile ai loro occhi. Rifiuta la misericordia del Signore, pur di affermare la sua persona. Il segno dato a Giona, quindi, può essere anche la possibilità di andare oltre la propria visione delle cose, guardare agli altri con gli occhi di Dio e vederli figli, amati, per cui si può anche rischiare.
Anche in mancanza di conferme o molto terrene assicurazioni.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi