Alzati, vai
Vattene, vai via, muoviti, aria.
Smettila di restare inchiodato al passato.
E di piangerti addosso. Non fare la vittima.
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Non aspettare che siano gli altri a risolvere i tuoi problemi.
Abramo è un uomo vissuto quando riceve questa chiamata interiore.
È morto suo padre, e suo fratello, si è fatto carico di Lot, suo nipote.
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E non ha figli. Game over, la sua vita è finita, le carte che aveva sono state giocate. Ed è esattamente in quel momento in cui non ci si aspetta più nulla che Dio interviene.
Irrompe. Scuote. Smuove. E parla al suo cuore.
Leck leckà! Vai a te stesso!
È il movimento della quaresima, del deserto in cui scegliamo di entrare, in compagnia del Maestro e Signore, per non prendere scorciatoie, come hanno fatto Adamo ed Eva. Per imparare a scegliere, a discernere, a riconoscere l’opera del divisore, il diabolos, nelle nostre vite. E sconfiggerla.
Decidere, infine, scegliere smettendo di farsi scegliere, di farsi portare, di farsi trascinare, guardando alla nostra vita con la Parola come criterio di discernimento.
Decidere, infine, che persone essere. Che uomini e donne diventare.
Scoprirsi amati, scegliere di amare, nel quotidiano, attraverso piccoli passi possibili.
Non è uno sforzo da compiere, ricorda Paolo al suo discepolo Timoteo, un’impresa titanica, un moto della volontà, ma è l’iniziativa di Dio che bussa alla nostra porta.
Abramo avrebbe potuto di obiettare di essere troppo vecchio, o di non avere sufficienti indicazioni per mettersi in viaggio, o di essere demotivato e stanco.
Come facciamo noi.
Invece ascolta, e va.
Sempre lui
Salgono sul monte, su un alto monte.
In realtà è una collina ma l’amore rende tutto immenso.
Sono presi in disparte, siamo presi in disparte, perché il Signore vuole condividere con noi la gloria di cui è intrisa la (sua) vita. L’amore ama di poter amare, di condividere la sua gioia.
E lì, sul monte, Gesù viene trasfigurato. Svela la sua profonda natura, la sua vera identità.
Non si toglie il vestito dozzinale sotto cui si nasconde Superman, no.
È lo sguardo dei discepoli che cambia. Perché la bellezza, come l’innamoramento, come la fede, sta nel nostro modo di vedere. Quando sono innamorato trovo il mio amato il più bello fra tutti. Quando amo una disciplina sportiva sono disposto a sudare e a faticare per praticarla. Quando riesco a orientare la mia mente verso le mie emozioni, colgo la bellezza abbagliante di un paesaggio.
Molte cose concorrono nella bellezza. Una fra queste, certamente, è lo sguardo interiore capace di cogliere la verità, l’armonia, la pienezza in un oggetto, in un paesaggio, in una persona.
Possiamo stare con Gesù tutta la vita, e frequentarlo, e credere, e seguirlo.
Ma fino a quando il nostro sguardo interiore non si arrende alla sua bellezza, non ne saremo mai definitivamente segnati.
Sinai
Accade come sul Sinai, quando Dio si manifesta a Mosè in tutta la sua gloria: le nubi, i fulmini, la voce, l’ombra, la paura. Paura che deriva dall’intensità della bellezza, dall’insopportabilità della visione interiore.
Mosè e Elia conversano con Gesù: la Legge e i Profeti si inchinano al rivelatore del Padre.
Pietro viene travolto: la bellezza gli ha colmato il cuore.
Di quanta bellezza abbiamo bisogno per affrontare la parte faticosa del deserto! Quanto dobbiamo fare memoria per trovare il coraggio di partire in viaggio verso l’ignoto!
Il Dio bellissimo, misterioso e presente, rispettoso dei nostri tempi, seducente e libero, ci spinge a partire, a salire, a crescere.
Ad abbandonare la pianura della mediocrità, dove lo smog delle parole e dei pensieri violenti ci appesta e ammorba l’aria. E a salire, staccarci, andare.
È bello per noi
Se riusciamo a fare argine, se prendiamo sul serio questo viaggio interiore, se riusciamo ad abbandonare le nostre resistenze e a cedere al corteggiamento di Dio, facciamo esperienza della sua immensa bellezza.
Là dove bellezza, verità e bontà si sommano.
Attimi in cui si svela la realtà, si toglie il velo che ci impedisce di vedere e di capire.
È bellissimo credere. Bellissimo essere cristiani. Bellissimo scoprire di essere amato e di amare.
Perciò sono discepolo: è la cosa più bella che sia accaduta nella mia vita.
Sul Tabor scopriamo di essere amati nel Figlio.
Gesù è l’amato. E solo l’amore cambia, converte, mette le ali.
I discepoli precipitano in terra, tanto potente è la gloria e la bellezza. Cedono, si arrendono.
In Cristo glorioso scoprono anch’essi di essere amati.
Alzatevi non temete
La trasfigurazione, la metamorfosi, il cambiamento ora si interrompe.
Come sa bene la Bibbia, la bellezza Dio si può accogliere solo in piccole dosi.
La nostra vita diventa allora un allenamento alla gioia, la preparazione atletica all’infinito.
E Gesù incoraggia i suoi: alzatevi, non temete.
Alzati, fratello. Alzati, sorella.
Sappiti amato. Cosa mai ti può spaventare se Dio è così vicino, accessibile, benevolo?
Si torna nella pianura, allora, ma con il cuore segnato, ferito di bellezza, con il volto trasfigurato come Mosè quando scendeva dal monte dopo avere incontrato il suo Dio.
Ci sarà un tempo di fatica e di morte, certo.
Un tempo necessario, in cui il chicco deve marcire nella terra per portare frutto.
Gesù lo sa. I discepoli ancora lo ignorano.
Ma quel Tabor illumina il Golgota.
Quel Tabor è la destinazione del nostro pellegrinare.
Di questa quaresima, sì. Ma soprattutto è la meta della nostra vita.
Io ci sono e sono con voi. Ogni giorno alle 20 (Alle 21 la domenica) sui miei canali Facebook e Youtube non mancate la piccola lectio #FTC per far crescere la fede e la speranza in questo tempo di Coronavirus
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