Paolo de Martino – Commento al Vangelo del 5 Marzo 2023

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Sorrido sempre, leggendo dell’”alto monte” riportato da Matteo. Chi è stato in Israele sa che il Tabor è una graziosa collina situata a soli 600 metri di altezza. Il monte nel linguaggio biblico è il luogo della manifestazione di Dio. Il Sinai, il Nebo, il Mòria, il Carmelo. Ad Abramo Dio si presenta come «el Shaddai», il “Dio delle montagne” dicono gli ultimi studi biblici (Gen 17,1).
Insomma, il monte non è un’indicazione topografica ma teologica.

Mi sembra di sentirli mentre salgono al Tabor pensierosi. “Ma dove stiamo andando?”, “cosa vorrà dirci?”, “e perché solo noi tre?”. Le cose sostanzialmente andavano bene, fino a quando Gesù aveva iniziato a parlare della croce. Gesù sembra dire: “Ecco chi sono! Ecco chi state seguendo! Cambiate il vostro sguardo. Non fermatevi alla superfice. Dove voi vedete solo dolore, io vedo già i segni della gloria. Coraggio, amici miei!”.

Capanne

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Ancora una volta, Simone svolge il ruolo di satana: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

Pietro vede Gesù con Mosè (la Legge), ed Elia (i Profeti) e dice: «facciamo tre capanne», cioè manifestati come Messia. Non a caso lo chiama «Rabbi», maestro. Povero Pietro: anche questa volta è riuscito a rompere l’atmosfera che si era creata. Aveva davvero la capacità di parlare al momento sbagliato nel posto sbagliato.

Notate l’ordine dei personaggi: in un trittico di personaggi, il più importante è sempre chi è al centro. Per Pietro, è importante Mosè: «Facciamo tre capanne: una per te, una per Mosè», al centro, «e una per Elia». Per Pietro il Messia è chi fa osservare la Legge.

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Pietro sperimenterà sulla sua pelle che non è possibile mettere il “vino nuovo” portato da Gesù negli “otri vecchi” delle antiche strutture religiose. È uno sposo, il Signore: avvicinarsi a lui con le consuete categorie religiose è come mettere del vino giovane in vecchie botti che rischiano di spaccarsi. Quando il Signore si fa sentire, ogni legge, è inadeguata alla novità della sua presenza.

Amico lettore, quanto tempo sprechiamo, come Pietro, nell’adattare il messaggio rivoluzionario del vangelo alle nostre strutture cercando di comprimerlo. È inutile illudersi: non possiamo accogliere il vino nuovo del vangelo negli otri del vecchio pensiero religioso fatto di abitudini (sante!), di qualche tradizione, e di ripetizioni automatiche.

Il rischio di un certo cristianesimo è di focalizzarsi su ciò che io devo fare per Dio mentre il cristianesimo è la bella notizia di un Dio che muore per me, si dona per me.

Pietro faticherà e non poco ad accettare l’amore gratuito del maestro, l’amore folle di Dio.

Contemplazione

Pietro è rapito dalla visione, vorrebbe godersi lo spettacolo, non vorrebbe più tornare alle preoccupazioni della vita quotidiana. Invece, di camminare, preferirebbe mettere tre tende, come noi. Cerca di catturare l’attimo, fermarsi. Invece l’uomo è chiamato a camminare di gloria in gloria, in una crescita continua perché l’amore (e la bellezza!) non hanno limite.

Innamorati

Questo vangelo tenta di dare una risposta alla domanda su che cosa rende veramente felici nella vita. In fondo, la trasfigurazione è vedere cose che si possono vedere solo con il cuore. «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio». Amico lettore, per chi ha un cuore puro, tutto è puro e vede Dio in ogni cosa, anche nel dolore, perfino nella morte. “Caro Pietro”, sembra dirgli il Signore, “guarda la croce da un altro punto di vista! Come i profeti, scruta il passaggio di Dio nella storia”.

Ascoltatelo

I nostri tre amici «furono presi da grande timore». Le esperienze estreme di gioia come quelle di dolore producono in noi paura, spavento. Anche in queste esperienze però, Dio parla. Non va ascoltata la paura, ma ciò che c’è oltre di essa. Non vanno ascoltati i propri pensieri ma ciò che li precede. Alcuni momenti della nostra vita sono delle vere e proprie trasfigurazioni. Sono lì non per vivere di rimpianti ma per affrontare le inevitabili difficoltà che incontreremo.

Mentre Pietro sta parlando, in preda alla paura, ecco «una nube luminosa li coprì con la sua ombra». Sullo sfondo c’è la teofania rivolta sul Sinai a Mosè: sull’alta montagna c’era una nube che la copriva (cf. Es 19,16; 20,21; 24,15; ecc.), simbolo della presenza di Dio, che tuttavia resta nascosta. La nube passò sul tabernacolo costruito da Mosè nel deserto e, nell’ora della dedicazione del tempio, riempì il Santo. Questa nube è la “Shekinah”, la Presenza di Dio.

Ecco allora la risposta alle parole di Pietro: non tre tende, ma la “Shekinah” di Dio.
E’ solo Lui che dobbiamo ascoltare. Ascoltare è più del semplice sentire: significa capire, obbedire, nel senso etimologico del termine “ob-audire“, cioè ascoltare in piedi. L’obbedienza cristiana, amico lettore, non ha nulla di moralistico. Ecco il motivo per cui nelle icone della trasfigurazione Mosè ed Elia sono rappresentati curvi verso Gesù in atteggiamento di umiltà, di adorazione. Fare tre capanne era una proposta sbagliata: metteva sullo stesso piano Gesù, Mosè ed Elia. «Parlano i profeti, parla la legge, ma ascolta lui che è la voce della legge e dei profeti. Era lui che si faceva sentire per mezzo di essi» (s. Agostino).

Mi capita sovente di ascoltare persone che mettono sullo stesso piano la Parola di Dio e la parola di un santo, di un Vescovo, di un biblista, di un veggente…del parroco! La Parola è molto più grande delle parole: le trascende.

Questo è l’elemento essenziale della nostra metamorfosi: spostare il baricentro della nostra vita: da me stesso a Lui. La mia trasfigurazione comincia quando smetto di ascoltare me stesso, le mie paure, le mie ansie e inizio ad ascoltare la sua voce che mi chiama a uscire da me stesso, a regalare la vita, a sognare in grande, a non avere paura. Questa è la grande lezione della Trasfigurazione: ricordarsi della luce quando è buio, e imparare ad ascoltare ciò che conta nonostante la paura ci suggerisca parole senza prospettive.

Spesso siamo in cerca di visioni, rivelazioni e apparizioni. Matteo ci ricorda che ciò che conta, ciò che basta, è Gesù, il figlio di Dio. L’unica parola che Maria pronuncia nel Vangelo di Giovanni è quella che rivolge ai servi: «fate quello che vi dirà». Cioè, ascoltate Lui! A noi discepoli, Maria dice sempre e solamente: ascoltatelo!

Il suo ascolto ci rende come Lui. Forse abbiamo proprio bisogno di fermarci un po’ e di ascoltare. Ascoltare Lui e non solo le chiacchiere vuote della televisione o le news di internet. Non è difficile. Basta scegliere, basta mettere ordine nella propria giornata e dare una gerarchia sana alle nostre priorità.

Ottimismo

Dobbiamo ripartire dalla bellezza, dalla bellezza di Dio. Forse abbiamo smarrito la bellezza nel raccontare la fede. Abbiamo ridotto il cristianesimo a un’esperienza triste.

La bella notizia di questa domenica? Credere può essere splendido. Non sei ciò che pensi di essere. Hai bisogno di guardare con uno sguardo diverso la realtà. Sei molto di più; la tua vera natura è ben altra.

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