p. Gaetano Piccolo S.I. – Commento al Vangelo di domenica 26 Febbraio 2023

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L’attenzione dell’amore

Chi ci vuole bene cerca di evitare che ci possiamo fare male. Non si sostituisce a noi, ma vigila e ci offre, se può, le indicazioni necessarie. Una mamma sceglie per il figlio il cibo che lo fa crescere. Se ci ritroviamo da soli in luoghi sconosciuti e dobbiamo cercare da mangiare, come il protagonista di Into the wild, che alla fine muore avvelenato, è difficile capire da soli che cosa può farci male.

Nel racconto della creazione, Dio si rivela come uno che ci vuole bene: non solo ha donato all’uomo la vita, ma gli ha donato anche la sua amicizia: quel giardino è il simbolo della relazione. E in quel giardino, come in ogni relazione importante, mette il meglio, proprio come quando vuoi bene a un persona e cerchi di farla stare bene, pensi a lei e a ciò che può piacerle.

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Quello che manca

La strategia ingannevole della tentazione, che sperimentiamo continuamente non solo nella relazione con Dio, ma anche nelle nostre relazioni quotidiane, è quella di spostare l’attenzione, portando il nostro sguardo su quello che manca, assolutizzando quello che non c’è! Il serpente cancella l’immagine di Dio che aveva regalato il giardino con tanti alberi belli e porta l’attenzione sull’albero che è al centro del giardino, l’unico di cui non si può mangiare! L’altro appare improvvisamente come colui che vuole rubarci qualcosa: guardiamo il puntino nero senza considerare più l’intera pagina bianca. È la dinamica che spezza le relazioni.

Idee confuse

L’altro modo in cui funziona la tentazione è confondere le parole: man mano che entriamo in dialogo con la tentazione, dialogo che molto spesso è un parlare con noi stessi, alimentando pensieri distorti, le idee si confondono. Il serpente enfatizza la negazione: è vero che Dio ha detto di non mangiare di nessun albero? Con la tentazione però non bisogna dialogare: meglio fermare subito questo tipo di pensieri. La donna invece risponde, ma si confonde, le sembra che Dio abbia detto di non mangiare e di non toccare l’albero che è in mezzo al giardino. In realtà Dio ha detto solo di non mangiare dell’albero che è in mezzo al giardino, non aveva detto di non toccarlo.

A dire il vero, quando Dio ha dato quel comando, la donna non c’era ancora. Forse l’autore biblico vuole suggerirci di far attenzione a ragionare su cose che non conosciamo bene, che sappiamo magari solo per sentito dire, perché in quell’ignoranza si annida molto spesso l’inganno e il Nemico ha gioco facile. Anche nelle nostre relazioni, è meglio non ragionare sul sentito dire, ma andare prima a verificare se è proprio così!

La scoperta del limite

Sebbene quel divieto fosse stato dato da Dio per preservare l’uomo da ciò che poteva fargli male, l’uomo vuole mettersi al posto di Dio (come il bambino al posto della mamma) e vuole decidere da solo, senza averne la capacità, di cosa nutrirsi. L’uomo, facendosi del male, scopre il proprio limite. Si accorge di essere nudo, si accorge della sua fragilità.

La fiducia nella relazione con Dio è ormai venuta meno e quando viene meno la fiducia, anche nelle relazioni tra noi, tendiamo a nasconderci. L’uomo e la donna si coprono, perché si vergognano e temono che qualcuno possa approfittare della loro fragilità. Così anche noi: se ci stiamo nascondendo in una relazione, vuol dire che la relazione non funziona più!

Messi alla prova

La vita ci mette continuamente alla prova: la tentazione si innesta nella fatica che dobbiamo fare continuamente davanti alle situazioni che incontriamo. Il modo in cui affrontiamo le sfide, le decisioni, le difficoltà che fanno parte del nostro cammino dice qualcosa di noi. Siamo messi alla prova dalla vita e veniamo fuori per quello che siamo.

L’incarnazione di Gesù implica che anch’egli sia svelato dal modo in cui affronta le prove della vita. Dopo il battesimo e prima di iniziare il suo ministero, Gesù è infatti condotto dallo Spirito nel deserto, immagine delle asprezze e dei pericoli davanti a cui siamo chiamati a rispondere. Gesù deve decidere chi vuole essere, soprattutto rispetto alle tante attese che imperversavano sulla figura del Messia.

Sotto processo

Quelle esperienze di prova che Gesù vive nel deserto sono quindi un’occasione attraverso cui emerge la sua identità.

Spesso infatti abbiamo la percezione di dover dimostrare qualcosa. E la tentazione si innesta proprio su questa sensazione: le frasi del tentatore hanno sempre a che fare con un se…: c’è un’ipotesi da dimostrare. La tentazione ci fa sentire sotto processo. Ci provoca. E spesso ci lasciamo prendere da questo gioco, nel quale sia sempre perdenti.

Pensa a te!

La prima tentazione, quella di trasformare le pietre in pane, sembra una provocazione a dimostrare quello di cui si è capaci: hai fame, non mangi da quaranta giorni, nessuno ti vede, che male c’è? L’inganno sta nel fatto che per dimostrare a se stesso quanto vale, Gesù dovrebbe usare il suo potere per sfamarsi da solo, dovrebbe pensare a se stesso. Gesù, al contrario, vuole mettere il suo potere a servizio degli altri. Si rifiuta di pensare prima di tutto a se stesso. È il rifiuto della logica del privilegio!

Prove d’amore

La seconda tentazione ha a che fare con la fiducia in una relazione: se stai dubitando e chiedi all’altro prove d’amore, la relazione è già in crisi. Il Nemico vuole passare attraverso questa strada per incrinare la fiducia di Gesù con il Padre: mettere alla prova l’amore del padre, al di là del risultato, vorrebbe già dire non essersi fidato. Gesù non è un figlio capriccioso. Si fida del padre e questo basta.

A fin di bene

La terza tentazione ha a che fare invece con il compromesso. Tante volte infatti siamo tentati di giustificare la connivenza con il male con il pretesto che sia a fin di bene. Il Nemico finge di guardare solo all’esito finale, trascurando il modo in cui ci si è arrivati. Sappiamo bene che purtroppo in tanti ambienti si procede così.

Gesù salva il mondo solo con la logica della croce, che è la logica della sofferenza, del dolore, dell’umiliazione. A questa logica, se vogliamo essere suoi discepoli, non possiamo sottrarci.

La lotta di Gesù nel deserto è anche la nostra. È la lotta di una vita, perché siamo un campo di battaglia. Adesso però sappiamo che in Gesù possiamo vincere questo scontro. La scelta è sempre nelle nostre mani e le decisioni che abbiamo preso o che prenderemo parlano di noi.

Leggersi dentro

  • Quali sono le strategie privilegiate della tentazione nella mia vita?
  • Cosa emerge di me dal modo in cui prendo le mie decisioni?

per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte