Quando pensiamo alla conversione siamo abituati a leggere questo evento come un evento che nasce dal basso della decisione di una persona che magari avendo toccato il fondo, decide di cambiare, di ricominciare, di lasciarsi rimettere in piedi. Ma la verità è che la conversione non è innanzitutto un’iniziativa nostra, ma bensì di Gesù stesso. Ecco perché la storia di Levi nel brano del Vangelo di oggi ce lo ricorda in maniera nitida:
“Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì”.
È Gesù a uscire, è Gesù a vedere, è Gesù a chiamare. Solo alla fine Levi risponde lasciando tutto, alzandosi e seguendolo. È bello pensare che prima ancora della mia decisione di cambiare c’è un’iniziativa di Gesù a rendere possibile la mia conversione.
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Ecco perché dovremmo pregare chiedendo a Gesù di convertirci, di provocare la nostra libertà, di renderla in un certo senso possibile. Solo se Lui ci chiama noi possiamo rispondere. Ma siamo certi che Egli ci voglia chiamare?
«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi»,
dice Gesù. Allora riconosciti peccatore e bisognoso ed è sicuro che Egli è già pronto a chiamarti. È la presunzione di sentirsi migliori che ci taglia fuori dalla Grazia di Dio.
Commento al brano del Vangelo di: Lc 5,27-32
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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