Gesù prosegue nel brano di questa domenica con il suo insegnamento di giustizia superiore, che va oltre quella degli scribi e dei farisei. Come si commentava domenica scorsa, la sua intenzione è quella di andare oltre la pura osservanza letterale della legge antica, per rivelarne lo spirito, il cui nucleo è dato dall’amore vero. Attraverso le due ulteriori antitesi che ci vengono proposte, Gesù tocca due nervi scoperti delle relazioni umane, il tema della reazione al male e alle offese subite e quello della gestione dei rapporti difficili.
In primis, partendo dalla cosiddetta “legge del taglione”, già presente nel codice di Hammurabi (XVIII sec. a.C.) e che trova piena accoglienza nell’Antico Testamento (Es 21,23-25; Lv 24,19-20; Dt 19,18-21), Gesù presenta una prospettiva nuova, rispetto al modo di reagire al male subíto. Bisogna anzitutto dire che, sebbene con la nostra mentalità “evoluta” oggi riteniamo questa legge antica come primitiva, inumana e dura, nell’antichità essa aveva introdotto una proporzionalità nel modo di reagire alle offese ricevute, che era tutt’altro che primitiva.
Dalla vendetta incontrollata e sproporzionata, mediante questa regola, si poneva un limite alle reazioni, che non potevano mai superare l’intensità delle offese subite. Si tratta senza dubbio dell’introduzione di una scelta di giustizia, che pone un freno all’istinto vendicativo. Questa esigenza di giustizia, dunque, diviene un invito per noi a riflettere su un aspetto importante, non contraddetto dall’insegnamento di Gesù: prima di amore e carità, come uomini e ancor più come cristiani, non possiamo mai prescindere dalle esigenze della giustizia.
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Senza il presupposto della giustizia, non si può mai parlare di carità. Una carità che non contenga in sè stessa la giustizia, non può mai configurarsi come carità. La proposta di Gesù, infatti, non vuole mai mistificare il male ricevuto, nascondendolo o addomesticandolo, quanto piuttosto propone di chiamarlo per nome e di reagire ad esso con una forza superiore, quella del bene. San Paolo ben commenta nella Lettera ai Romani: “Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. […]
Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Rm 12,17.21). Rispetto a quelle difficoltà di rapporto, che si possono incontrare nelle nostre famiglie, nelle compagini sociali, come persino nelle nostre comunità ecclesiali, le cosiddette “inimicizie”, la proposta di Gesù ci invita a superare il semplice approccio simmetrico (ama chi ti ama e odia chi ti odia), scegliendo l’amore per i nostri nemici. La ragione sta tutta nel guarare in alto, al modo in cui Dio Padre si pone con l’umanità. Lui non fa preferenze, dona a tutti sempre allo stesso modo, sia ai giusti che agli ingiusti, dando loro la possibilità di ravvedersi e di cambiare. Ovviamente, tutto ciò ha a che vedere con la santità.
Ogni giorno ci si ripropone la questione: come voglio vivere? Mi basta comportarmi in modo ordinario, accontentandomi di non fare nulla di male, oppure voglio andare nello straordinario, seminando amore, perdono e riconciliazione, come fa il Padre che è nei cieli?