Gesù si mostra ai suoi discepoli in una veste nuova. Marco, evangelista che di solito si limita a raccontare i fatti senza perdersi in troppi giri, ci tiene a specificare che le vesti di Gesù erano bianchissime, che nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. In questo racconto, in questa situazione vissuta dai tre discepoli, emerge in pieno la divinità di Gesù, un assaggio di Resurrezione.
Ora però, c’è una frase alla fine che sembra stonare con l’immagine luminosa, quasi abbagliante di Gesù trasfigurato: “ma, come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato”. Ecco, Gesù da avere le vesti bianchissime, si ritroverà a non avere neanche più una veste. Da essere su un monte accanto a Mosè ed Elia, si ritroverà appeso ad una croce in mezzo a due ladroni.
Da avere con sé degli amici che vogliono stare con lui, si ritroverà solo. Da essere chiamato Figlio Amato dal Padre, si ritroverà a chiederGli perché l’ha abbandonato. Si tratta di una contraddizione? No. Tutto questo fa parte del percorso, sarà necessario per risorgere dai morti.
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I discepoli si chiedono cosa significhi, ce lo chiediamo anche noi. Ci basti oggi sapere che siamo fatti per risorgere e non per volere del caso o per una congiunzione astrale, ma perché Dio Padre ha voluto così, perché non ci lasciassimo inghiottire dalla morte, ma ne uscissimo vivi, ancora più vivi, perché salvati per amore non solo alla fine della vita, ma ogni giorno ancora una volta.
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