Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 6 Febbraio 2023

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È rimasto scosso, il Signore. Pensava (sperava?) che i suoi avessero capito il senso profondo della condivisione dei pani e dei pesci, ma così non è avvenuto. Appena tornati dalla missione, travolti dalla gioia dello Spirito, stanchi e felici, hanno invitato il Signore a cacciare la folla che li aveva preceduti sul luogo del riposo, decisamente scocciati.

È inutile giocare a fare gli evangelizzatori se ancora non si è imparata la compassione! Davanti a questa palese contraddizione, il Signore li costringe ad andare all’altra riva, quella delle città pagane, per imparare la misericordia mentre lui, solo, prega sulla montagna per capire come muoversi. La tempesta li coglie e il Signore li raggiunge nel cuore della notte, sul fare del mattino. Il vento si placa e toccano riva.

Ma la riva sbagliata, la stessa riva da cui sono partiti, Gennesaret… La traversata non è riuscita, non sono ancora in grado ad andare all’altra riva, non sono capaci, non “siamo’) capaci. Ci vuole del tempo per imparare a fare come il Maestro, ci vuole pazienza e umiltà per imparare ad amare come lui. Durante la sua notte di preghiera, prima di raggiungerli in mezzo ai marosi, il Signore sceglie di non scegliere altri collaboratori. Immenso Maestro che torna sui suoi passi, che capisce che devono fare, che dobbiamo fare, ancora molta strada!

E ricomincia: accoglie, ascolta, guarisce, libera. Basta essere sfiorati dal suo mantello per essere guariti, per trovarsi rinati e liberi. Se ci accostiamo al Signore, anche solo al lembo del suo mantello, la nostra vita si illumina, fiorisce, si libera, guarisce.

Perciò meditiamo la Parola, perciò ogni giorno poniamo la preghiera come pilastro centrale attorno a cui tutto ruota: per vedere, con lo sguardo dell’anima, il Signore che passa e ci sfiora. E per imparare da lui ad amare. Si consuma, il Maestro, donandosi fino in fondo. Forse, vedendo ciò che sta facendo, i suoi impareranno.

Forse.

Fonte: Il mensile “Amen – la Parola che salva

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