Dio è dalla parte del povero? Del perseguitato? Di chi piange? Dell’afflitto? È come chiedere e pregare: avrà un senso la scelta di chi confida in Dio piuttosto che della propria forza? Le parole di Gesù camminano con i suoi piedi, sono parole che liberano e hanno autorità. Sul monte, il cui valore teologico è la discesa di Dio sul monte per eccellenza, il Sinai, dove Mosè ricevette le Parole, ma qui, è Dio stesso, la sapienza intronizzata, e a lui si avvicinano i discepoli che svolgono il ruolo di Mosè per accogliere le Parole, che non dà una nuova Legge, ma porta a compimento l’Alleanza, la realizza.
Le Beatitudini oggi
Sfumature di senso, paesaggi suggestivi, colline mozzafiato, e come sfondo il lago, si getta il seme della Parola: Beati! Le sue parole sono come il vomere, a volte parla in parabole, a volte come un candelabro che si illuminano in un’esclamazione di gioia. Gesù si complimenta, si congratula, e proclama beati coloro che, secondo la mentalità corrente, sono considerati sfortunati e l’invito a gioire è perché è vostro il regno dei cieli, questo è l’elemento importante, cioè: Dio è dalla vostra parte, è con voi. In un mondo come il nostro ha ancora senso l’annuncio delle beatitudini? Come far risuonare questo discorso in una società di consumi, che misura la felicità e la beatitudine sul metro dell’avere, del successo e del potere? La buona notizia proclama beati coloro che accolgono il Regno, cioè la signoria di Dio nella propria vita e nella storia del mondo, come dei mendicanti, ma sbattono la porta in faccia davanti a chi con ostinazione indurisce il cuore.
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Beato chi?
Cosa ci manca oggi in una società del benessere? La felicità! “Il maestro del vivere mette in fila poveri, miti, affamati, gente dal cuore limpido e buono, quelli che si interessano del bene comune, che hanno gli occhi negli occhi e nel cuore degli altri. Giudicati perdenti, bastonati dalla vita, e invece sono gli uomini più veri e più liberi. E per loro Gesù pronuncia, con monotonia divina, per ben nove volte un termine tipico della cultura biblica, quel “beati” che è una parola-spia, che ritorna più di 110 volte nella Sacra Scrittura” (E. R.). È un discorso solenne, il primo dei cinque nel vangelo di Matteo. Beato non è il criminale, ma chi rinuncia alla violenza; beato non è chi sottrae al povero, ma chi vive del sacrificio del suo lavoro; beato non è chi si vendica ma chi rinuncia alla violenza; beato non è chi sparla dell’altro, ma chi ha un cuore sincero e vede il bene nell’altro. Sono beatitudini controcorrente, da leggere e rileggere, e continuano ad essere una buona notizia per noi, libera e liberante.
In cammino
La proposta di un’altra logica antitetica alle beatitudini è quella di incamminarsi verso la strada del male; al contrario, quella del vangelo è di marciare avanti, in cammino, in piedi, perché Dio cammina con chi costruisce oasi di pace. La via giusta è spesso quella più sofferta, meno percorsa, che porta a cieli nuovi e terra nuova, un viaggio che sopporta contraddizioni, fatiche e sofferenze. Beati è un grido, per ben otto volte Gesù proclama nella necessità urgente della conversione, ma non esalta le condizioni come vittimismo o sfortuna, ma la consapevolezza e la responsabilità che la bussola che orienta l’esistenza del cristiano è la buona notizia.
- Quali sono le mie beatitudini ?
- Saprei indicare agli altri la strada della felicità?
Per gentile concessione di don Vincenzo Leonardo Manuli
Link all’articolo del suo blog
Don Vincenzo è nato il 7 giugno 1973 a Taurianova. Dopo la laurea in Economia Bancaria Finanziaria ed Assicurativa nell’Università Statale di Messina conseguita nel 1999, ha frequentato il Collegio Capranica a Roma dal 2001 al 2006. Ha studiato filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma dal 2001 al 2006 retta dai padri gesuiti della Compagnia di Gesù. […]