Sprigionerà luce perfino la fossa
Quando ti dicono dell’arresto del Battista e tu riesci a intravederne l’amorosa consegna, quando senti il dolore per un altro profeta costretto alla morte ma in cuor tuo gioisci per la testimonianza che esplode nel ventre del mondo, quando senti il profumo buono del Padre anche dentro la violenza e la durezza della vita, quando vedi la luce della Sua presenza spingere da dentro le cose (da dentro ogni cosa!) come se la vita aspettasse solo di scaturire come acqua dalla roccia, quando senti il battito vitale scandire il tempo del reale, quando senti che tutto è grembo gravido d’attesa, anche le disgrazie, che sembrano condannate a mostrare solo la morte, se senti la vita nascente anche lì allora, esattamente in quel momento, capisci che il tempo è maturo, che i trent’anni stanno scoccando in risveglio, e lo vedi, e lo vedrai per sempre, è impresso luminoso nelle pupille dei tuoi occhi, è tatuato alle pareti del cuore, è e sarà sempre inciso in te, vivrai solo per lui: il Regno dei Cieli.
Ora lo vedi, e non lo perderai mai più, è vicino, è dentro le cose, è adesso e lo sarà per sempre, perfino quando tu sarai il nuovo Battista, e ti ammazzeranno ma tu ti consegnerai riuscendo a liberare vita perfino dal tradimento, quando perfino nel cuore della morte brillerà il regno dei cieli e tu non potrai far altro che mostrarlo, resuscitando vita anche dai sepolcri, sprigionerà luce perfino la fossa.
Così fuggi da Nazaret, direzione Cafarnao, non è nient’altro che una fuga, tu d’altronde sei figlio di traiettorie imposte dal terrore, eppure quelle scelte obbligate ora lo vedi, non erano che profezie perché erano già nel cuore di Dio, come ogni cosa, erano già in Lui. Ora lo riconosci, perché lo vedi, lo senti padre, è legato a ogni cosa, basta svelarlo. Così anche il tuo fuggire è una scia luminosa di possibilità, ormai sei condannato alla Speranza. Ora non puoi che mostrarlo.
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Così anche la fuga diventa liberazione, abitare a Cafarnao è portare a compimento il desiderio che Dio ha su Zabulon, su Neftali, su quel territorio pagano e confuso, perché ormai non c’è luogo dove Lui non sia, accovacciato dentro le cose, in attesa di essere svelato.
Un Dio nascosto in ogni cosa, un Dio che gioca a farsi trovare e scoprire. Non c’è più nulla di abbandonato, il Regno dei Cieli è vicino, è dentro, è qui. È ovunque, questa luce in ogni cosa è l’onnipotenza di Dio.
Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, questo è credere, questo è il suo compito, Cristo, l’uomo in fuga, l’uomo risvegliato, l’uomo dallo sguardo profondo e liberatore, si immerge, battesimo esistenziale, nelle tenebre del mondo per mostrare che siamo fatti, che ognuno di noi è fatto, per venire alla luce. Per nascere. Non possiamo fare altro, siamo condannati alla luce. Opporre resistenza non riuscirà a impedire la sua ossessiva fedeltà. Lui è, già in ogni cosa.
Convertitevi, dice, perché per lui ormai è chiaro, tutto converge in Lui, tutto è in conversione verso la luce eterna, basta accettarlo, accorgersi, tutto converge, anche il dolore se sai abitarlo, anche le sconfitte, anche il male, ma questo è da dire sottovoce e ognuno può dirlo solo per se stesso, che anche lì non siamo abbandonati da Lui, che possiamo incontrarlo, che possiamo nascere e rinascere. Soprattutto lì.
Così Cristo cammina, perché ogni cosa è in movimento, ogni cosa è in esodo verso la sua pienezza, siamo vivi per camminare verso il Padre, per sprofondare nel cuore delle cose e cadere nei suoi occhi. Così cammina Gesù, non può far altro, come se stesse portando le cose al loro cuore e camminando chiama tutti per nome. Vede e chiama per nome. Gesù ci consegna al nostro nome, alla nostra identità profonda.
Per riconoscere Luce in ogni cosa bisogna riuscire a vivere per quello che possiamo, come riusciamo, ogni istante della vita come una chiamata del nostro io profondo, alla nostra vera identità. La vita ci chiama per nome, ci chiama alla luce, ogni cosa è una possibilità di nascita.
Inutile lamentarsi per le cose che accadono perché comunque avvengono, e lo fanno senza chiederci il permesso, inutile cercare colpevoli, inutile appellarsi alla fortuna, fede vera è scoprire che il regno è ovunque e quindi chiedersi come gli eventi possano avvicinarci ancora di più alla nostra vera identità. Ogni cosa può accompagnarci a diventare ciò che siamo chiamati a essere, ogni cosa può accompagnarci a permettere lo svelamento dell’immagine di Dio che ci abita.
La vita accade, e ogni accadimento è pescare umanità buona, perché sempre si può pescare umanità buona, perché Dio è la luce che rende buona ogni umanità che fa esperienza del divino. Vi farò diventare pescatori di uomini, dice, perché mancano operai perché c’è Dio in ogni cosa e non possiamo più permetterci di vivere come se lui non esistesse, vi farò pescatori di uomini perché manca chi sa vedere, chi sa riconoscere, chi sa suscitare vita. Mancano occhi contemplativi.
Iniziò tutto con un cammino, nel cuore della vita che si illudeva di arrestare la profezia Gesù si mise in cammino, e quello che faceva era accarezzare la vita e permettere a Dio di mostrarsi. Che fosse in ogni cosa, pura o impura, buona o cattiva, santa o profana, che fosse davvero in ogni cosa sarà il motivo vero per cui verrà messo a morte. Ma lui mostrerà luce anche dalla croce.
All’inizio camminava e insegnava, perché servono parole capaci di scardinare i cuori, perché con le parole si possono avviare processi trasformativi, si può convertire il buio in luce.
E poi curava malattie e infermità. Non per stupire ma per mostrare, sempre e solo per mostrare che perfino la malattia era abitata da Lui e che poteva diventare possibilità di verità. E che non c’era infermità che potesse impedire la corsa verso la luce.
Lui vedeva luce, non vedeva altro che luce, e suscitava vita in ogni cosa, quella vita che già abita il mondo. Servirebbe questo, solo questo, e la vita sarebbe sempre e in ogni cosa solo una grande opportunità per riconoscere il divino. Ovunque.
AUTORE: don Alessandro Dehò – pagina Facebook
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