Pace e bene,
questa domenica riscopriamo la gioia dell’aver accolto l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo.
E dato che Dio non si stanca mai di perdonarci, non stanchiamoci mai di chiedergli perdono, lasciandoci sempre e di nuovo liberare il cuore, così da sperimentare la sua misericordia e il suo amore.
La seconda domenica del tempo ordinario ci propone la testimonianza del Battista. Nella prospettiva dell’evangelista Giovanni, il Battista riconosce e indica Gesù. “Ecco” in greco è come un imperativo, che vuol dire: “guarda, vedi!”. Ecco l’agnello di Dio, colui che viene a farsi carico del peccato presente nel mondo per toglierlo di mezzo, riconciliando nel suo sangue l’umanità con Dio. Ed è qualcosa che Gesù ha fatto una volta per tutte e che si rinnova ad ogni celebrazione eucaristica: «La formula detta da Giovanni Battista viene significativamente ripetuta ogni volta che i cristiani celebrano l’eucaristia. La comunità dei credenti riconosce in quel pane spezzato e “mostrato” la forza capace di aiutare noi deboli perché il sacrificio di Cristo, e la sua stessa vita, siano ancora efficaci per la nostra salvezza» (p. Giulio Michelini).
Cosa significa? Che è Gesù che libera il nostro cuore dal peccato, è Lui che ci riconcilia con il Padre. Significa che nella fede in Gesù posso trovare pace con Dio e con me stesso, che in Lui posso trovare quel perdono che da solo non riesco a darmi. Quante persone sono tormentate da sensi di colpa per il male realmente commesso, per azioni che oggi non ripeterebbero. E cercando il modo di scappare da ciò, di non pensarci oppure passano la vita a colpevolizzarsi. Quanti sono feriti nel cuore, piagati nell’anima? Continuano a perdere vita, a sentirsi inadeguati, immeritevoli di tutto, persino di Dio.
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In fondo lo desiderano ma vi oppongono resistenza, perché? Perché si sentono inchiodati a quel male commesso. Sono inchiodati al palo sbagliato, al palo dove il grande Accusatore, il maligno (cf Ap 12,9-11), ci vuol affiggere. Gesù è venuto per schiodarci da quel palo, lasciandoci stringere nel suo abbraccio di misericordia. Dio ha tanto desiderato la nostra salvezza, Dio ha tanto desiderio di te, da farsi come te, morendo in croce per te, pagando il prezzo del nostro riscatto. Ecco come ci viene presentato Gesù: come un agnello, mite, condotto al macello, innamorato di noi sue creature (Egli è il Figlio di Dio, Dio fattosi uomo) al punto da darsi tutto, sino in fondo, fino alla fine. Davanti a quest’amore, cosa dobbiamo temere? Chi mai avrebbe paura dell’amore?
Allora qual è il passo da fare? Un atto di umiltà. Confessare il nostro peccato a Gesù, aprendo il cuore a un suo ministro, perché possa raggiungerci il suo perdono, la sua carezza, la sua misericordia. Si tratta di fare un atto di fede: credere che l’amore di Dio è più grande del nostro peccato, qualsiasi esso sia! Quale può essere un paradosso? Lo esprime bene Henri J.M. Nowen: «Una delle più grandi provocazioni della vita spirituale è ricevere il perdono di Dio. C’è qualcosa in noi, esseri umani, che ci tiene tenacemente aggrappati ai nostri peccati e non ci permette di lasciare che Dio cancelli il nostro passato e ci offra un inizio completamente nuovo. Qualche volta sembra persino che io voglia dimostrare a Dio che le mie tenebre sono troppo grandi per essere dissolte.
Mentre Dio vuole restituirmi la piena dignità della condizione di figlio, continuo a insistere che mi sistemerò come garzone. Ma voglio davvero essere restituito alla piena responsabilità di figlio? Voglio davvero essere totalmente perdonato in modo che sia possibile una vita del tutto nuova? Ho fiducia in me stesso e in una redenzione così radicale? Voglio rompere con la mia ribellione profondamente radicata contro Dio e arrendermi in modo così assoluto al suo amore da far emergere una persona nuova? Ricevere il perdono esige la volontà totale di lasciare che Dio sia Dio e compia ogni risanamento, reintegrazione e rinnovamento». A volte ciò può assumere anche contorni diversi, che in un modo o in un altro ci portano a trascurare l’importanza della riconciliazione con il Signore. E questo può riguardare tutti, vescovi, sacerdoti, frati, suore, laici… Eppure Dio è sempre lì, pronto a salvarci, a rialzarci, a liberarci dalle nostre catene interiori. Non attende altro che il nostro ritorno, un po’ come il padre misericordioso della parabola. E tu, ti lascerai riabbracciare da Lui?