Qualità? Peccatore
Nei primi capitoli del suo evangelo, Marco sottolinea fortemente la dimensione miracolosa dell’opera di Gesù: dopo aver chiamato i primi discepoli, guarisce un indemoniato e la suocera di Simone, poi numerose persone colpite da varie malattie, prima di purificare un lebbroso e di guarire un paralizzato.
La chiamata di Levi che leggiamo oggi si situa in questa serie di guarigioni: qui, a prima vista, nessun miracolo. Eppure questa chiamata – come d’altronde quella dei primi quattro discepoli – ha qualcosa che assomiglia a un miracolo. La chiamata dei primi discepoli (cf. Mc 1,16-20) ha sottolineato la potenza della voce chiamante, alla quale non è possibile resistere, quella di Levi insiste invece sulla “qualità” di quelli che Gesù sceglie.
Ha iniziato con il chiamare dei pescatori. Ciò ha permesso a Marco di indicare lo scopo della chiamata: i discepoli diventeranno pescatori, ma “di uomini” (Mc 1,17), non per ucciderli ma per trarli fuori dal “mare”, sede delle potenze infernali, e farli partecipi della gioia del Regno. Nell’episodio di Levi, l’evangelista ci mostra dove Gesù va, prima di tutto, a pescare quelli che lo accompagneranno nel suo ministero: un esattore delle tasse!
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Peggio di così – almeno agli occhi dei suoi contemporanei – non si poteva trovare: i pubblicani assommavano su di sé tutti i difetti e i peccati immaginabili, come lo erano, al femminile, le prostitute, al punto che “pubblicani e prostitute” (Mt 21,31-32), come “peccatori e pubblicani” (Mc 2,15-16; Lc 15,1), formano un’espressione tipica. La prima immagine di Gesù è così quella di un maestro che restituisce a queste persone disprezzate e odiate la loro qualità umana, anzi, come dirà Luca, la loro identità di “figlie o figli di Abramo” (cf. Lc 13,16; 19,9). Anche questo assume, in un mondo sempre più disumanizzato, la dimensione di un vero miracolo.
Ma in questa chiamata c’è altro ancora. Levi era seduto al banco delle imposte: posizione doppiamente statica. È seduto, inchiodato al suo seggio davanti al suo banco, e poi vive del mondo disperato di Mammona, fatto di fatture, ricevute, estorsioni, ingiustizie e violenze, ed è a servizio dei romani, forza di occupazione. Da questo mondo ci si libera solo rinunciando persino alle ultime due monetine rimaste, come ricorda la povera vedova dell’evangelo (cf. Mc 12,42-44).
La chiamata di Gesù, non solo rimette in piedi, ma “risuscita” (Marco utilizza lo stesso verbo che caratterizza l’evento di Pasqua), per cui Levi inizia a camminare dietro a Gesù: la vocazione fa entrare nella vita nuova della sequela di Cristo.
Vita nuova, ecco ciò che Gesù è venuto a portare, e per parteciparvi non c’è bisogno di prodezze religiose o di grandi elaborazioni intellettuali, basta infatti considerarsi non “a posto” davanti a Dio, ma “malati” e bisognosi della sua misericordia o compassione… e credere che nonostante ciò, anzi proprio per ciò, Gesù ha sempre gli occhi fissi su di noi (“Gesù vide Levi”), perché per lui ciascuno di noi ha un prezzo inestimabile.
fratel Daniel
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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