don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 25 Dicembre 2022

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La vittima

La pienezza della nostra formazione è la conformazione a Cristo. Ripeto: non si tratta di un processo mentale, astratto, ma di diventare Lui. (Desiderio Desideravi 41)

Ci sono frasi che sembrano tigri in agguato, aspettano silenziose e tese, attraversano il tempo senza muovere un muscolo e poi, in un momento preciso della vita, e solo in quel momento, scattano, azzannano, dissanguano.

Chi è intorno non capisce, solo la vittima sente che quelle parole lo stavano aspettando, denti che affondano nella carne, solo la vittima sa che non se ne libererà mai più. Dove altri vedono solo il passaggio di un documento vaticano la vittima sente la fatalità dell’agguato, quel pugno di parole a torturare il cuore , cosa significa davvero “diventare Lui”? E’ possibile una proposta di questo tipo? E’ possibile che sia rivolta proprio alla sua vita? non riesce a scrollarsi di dosso quel pensiero.

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Di colpo sente che non basta più “umanizzarsi”, non basta restare umani, nemmeno diventare migliori è più sufficiente.  Definizioni che sbiadiscono, è tutto troppo poco. A lui sarebbero bastate ma alla luce di quella definizione tutto scolora in banalità. La follia è totale: diventare Lui. C’è da morirci, c’è da uscirne umiliati e derisi.

Coraggio, in quell’espressione la vittima vede coraggio, resistendo alla tentazione di addomesticarla con qualche merletto teologico quella definizione mantiene una forza violenta e terribile, una frase così cambia radicalmente il modo di intendere la fede, anche la natura del natale cambia, non è più la nascita di Dio a essere il cuore della speranza ma la rinascita dell’uomo, un uomo che in quel Dio diventato carne sente la chiamata, vertiginosa: diventare Lui,  con i chiodi della mangiatoia che già trapassano la carne e la regalità inchiodata da un destino falegname alla croce che già stira la sua ombra a due passi di una cometa.

Lui nasce uomo per farci diventare Lui. Dolcissima minaccia.

Per diventare Lui deve rinascere l’uomo.  Sarà pronta la vittima a farsi azzannare, a farsi rapire da quella forza senza logica apparente? E’ una lotta non è una promessa. Per Cristo, con Cristo, in Cristo. In Cristo. Non solo fare qualcosa per Amore, non solo sentirlo compagno di viaggio ma entrare in lui e lasciare che lui viva nella nostra stessa carne.

Leggo ancora una volta i versetti del vangelo di Luca dove si narra della nascita di Cristo, diventare Lui, provo ad abbandonarmi al testo, provo a diventare ciò che leggo. Forse si inizia così, forse si inizia con un movimento geografico, forse si inizia lasciando che la mappa del testo evangelico ridisegni i connotati esistenziali.

Respiro piano, chiedo ad ogni parte di me di assumere i tratti geografici della Betlemme delle Scritture, voglio che si apra deserto aspro sulla mia pelle, voglio che esplodano sul mio corpo le montagne e voglio diventare cielo e silenzio e buio, tanto buio, ho bisogno di far accadere in me la mappa dell’Evento, ho bisogno di diventare Lui a partire dalla concretezza di un pezzo di mondo, che sia presepe la mia figura. Che possa diventare l’Accadimento, e che tutto avvenga il più possibile al riparo della retorica.

I pastori

La pienezza della nostra formazione è la conformazione a Cristo. Ripeto: non si tratta di un processo mentale, astratto, ma di diventare Lui. (Desiderio Desideravi 41)

Cosa significa diventare Lui? Alzo lo sguardo e in me trovo un pezzo di cielo svuotato, un cratere buio, un Vuoto, come di sepolcro liberato, come di mancanza inconsolabile, ferita impossibile da suturare, qualcuno ha scavato nel cielo, forse angeli, come dice il Vangelo, angeli che prima annunciano e poi si allontanano, sempre si allontanano gli angeli, giocano a scavare nella sabbia delle nuvole, mani luminose gli angeli, si divertono a sussurrare al cuore che non è tutto qui, che oltre la coperta del cielo Dio gioca all’eternità. Ma dura quasi niente l’annuncio, ciò che resta è il dubbio di un passaggio, ombra ambigua e veloce. Battito d’ali.

Diventare Lui, lo sento, è prendere sul serio quel Vuoto. Lo so, perché è una condanna, perché alla fine torno sempre lì, a verificare i contorni della mancanza. Torno sempre lì, a giurare di avere sentito una promessa di eternità, a piangere perché la morte me l’ha strappata, sono figlio di apparizioni angeliche e di allontanamenti drammatici. Il Vuoto, la morte, quel cielo abitato solo per un istante mi tortura dalla nascita, sento che non crederei se non avessi quel cratere ficcato tra le costole, sento che la mia fede dipende dal ricordo di un battito d’ali tramutato in Vuoto. Diventare Lui per me è tornare qui, tornarci sempre, a costo di appesantire, a costo di apparire buio.

Sono figlio del dolore di un’assenza, sono figlio di mille assenze che mi hanno parlato di Lui e che ora sono già diventate Lui, ma io qui rimango, occhi al cielo vuoto, a tenere in equilibrio stanchezza e speranza. E la condanna, il fascino per tutto ciò che muore, per le macerie, per le case diroccate, per le fotografie nei cimiteri, per i diari abbandonati, per questa nostalgia che a volte mi stringe il cuore fino a farmi male. Diventare Lui, io so che la strada è quella, farmi trascinare Altrove da queste assenze che seducono.

Da lontano camminano su di me i pastori, arrivano da lontano, parlano tra di loro, diventare Lui è anche accettare di diventare loro, non “come” loro ma esattamente loro, i pastori, che poi sono lo scarto, l’esclusione, la vergogna. I pastori sono tutto ciò che il potere esclude. Li lascio avvicinare anche se non voglio, anche se mi sembra di regredire, di tornare a riaprire parti di me che speravo archiviate. Diventare Lui è accettare l’invasione dei pastori. Disgrazie in cammino, li riconosco, uno per uno, sono i miei fallimenti e i miei peccati, sono le delusioni che ho provocato in chi mi voleva bene, sono i sensi di colpa, sono quel sentirsi sempre fuori posto, sono le immaturità, sono la parte meno presentabile di me, sono la paura di non essere amato, sono il non sentirmi mai all’altezza, sono la parte di me che avevo liberato nel deserto sperando di non doverli rivedere mai più. Diventare Lui, secondo il vangelo, è lasciare che proprio loro portino la buona notizia della speranza. E non è un bel passaggio, significa riconciliarsi con il male che sento dentro, significa tornare a fare i conti con lo sporco, con lo scarto, con la parte malata. Ci vuole fede per accettare di riconoscersi nei pastori, che poi è riconoscersi nei peccatori, nelle prostitute, nei lebbrosi, nei ladri, nei ciechi, nei traditori… diventare Lui è accettare di riconoscersi in ogni riga del Vangelo. La vergogna, la paura di scriverle queste cose, accettare che qualcuno dubiti che io stia giocando. Diventare Lui significa far tornare i pastori, far loro spazio, non sarò mai immune dal peccato. Sotto un cielo torturato da un Assenza carica di nostalgia continueranno a muoversi i pastori, saranno loro ad annunciare la speranza, sporchi improponibili e sgrammaticati. Diventerò Lui se saprò ascoltare la parte malata di me.

Maria e Giuseppe

Natale

Maria e Giuseppe si stupiscono, eppure avrebbero già dovuto sapere tutto, a lei un angelo non aveva illuminato la casa e il cuore? A lui i sogni, nella notte, come nel Testamento Antico, non avevano già spiegato il cammino? Invece stupiscono, stupiscono che l’annuncio arrivi dalla parte sporca della vita. Stupiscono che siano più credibili i pastori degli angeli stessi. Per diventare Lui bisogna ascoltare senza pregiudizi. Ripenso a chi mi ha fatto davvero del bene e ricordo che spesso erano persone a cui non avrei mai dato credito, che mi divano fastidio, pastori senza arte ne parte. Sorrido e mi scuso. Chissà se sono stato pastore anche io per qualcuno, chissà, forse delle persone che non vedo da tanto e che sono convinto mi abbiano dimenticato. Intanto guardo Maria, ragazzina dagli occhi bassi, lei che ha accettato che non siamo noi a fare il bene ma che è il bene a fare noi, che è l’Amore a dilatare i confini, che a noi è dato solo di arrendersi alle imprevedibili gravidanze del bene. Anche Giuseppe sta con gli occhi bassi, che sembrano chiusi, a dirmi che lui è riuscito a diventare Lui, ma solo nel sogno, solo nel sonno, solo quando non ha più potuto opporre resistenza. Maria e Giuseppe sono stati vinti dall’Amore, questo mi pare di sentire. Questa resa è ciò che fa diventare Lui?

Il bambino e i martiri

Natale

Il bambino è nella mangiatoia, e la mangiatoia è posta esattamente al posto del mio cuore. Sento che voglio scappare. Diventare lui è depositare la parte vulnerabile di me nel punto esatto dove può essere sbranata? Credere è una violenza, Natale è una violenza, il vangelo è violento. Diventare Lui è deporsi nella mangiatoia e accettare il dolore e l’incomprensione. Accettare di essere traditi. Accettare ogni cosa ma donarsi, farsi mangiare, pane che si consacra al perdono.

Diventare lui, solo i martiri sanno davvero cosa sia Natale, solo i martiri sono credibili. Contemplo e cerco di addomesticare la paura, diventare lui è accettare di morire, è non nascondere la nudità, la fragilità, è massacro, sacrificio. Amore. Spudorato amore.

AUTORE: don Alessandro Dehòpagina Facebook

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