don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 25 Dicembre 2022

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Carissimi amici, 

il cammino liturgico dell’Avvento ci porta alla grotta di Betlemme per celebrare l’Avvenimento di salvezza che ha  cambiato la storia: la nascita di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, l’Emmanuele, il “Dio con noi”. Dio si è fatto Uomo  per noi, per la nostra salvezza. Il Natale è una festa talmente importante che la liturgia ce la fa rivivere al rallentatore attraverso la celebrazione di quattro Messe. 

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Nella messa della vigilia (il 24 sera, solitamente verso le ore 18), il vangelo ci presenta la genealogia di Gesù, una  sorta di album di famiglia, dove l’evangelista mira a dimostrare che Gesù è della discendenza di Davide (Mt 1,1- 25). Un album da dove emergono personaggi non sempre brillanti; eppure la Scrittura non nasconde questa storia:  Gesù non rinnega la “storia della sua famiglia”, ma ne diverrà l’erede più importante! Questo per ricordare a noi  che non dobbiamo restare prigionieri di timori o vergogne riguardanti qualche nostro “familiare”: è la nostra vita,  e non è che cancellandone la memoria – oggi è una moda ideologica che passa sotto l’espressione “cancelculture – possiamo far finta che non esistano. Ma non dimentichiamo che c’è anche la “famiglia interiore”, popolata di  ricordi, di pensieri, di fantasie…che non sempre sono virtù: a volte ci vergogniamo di alcuni di questi nostri “parenti  interiori”. È la vita, non si può cancellare, ma tutto va riordinato. Gesù è entrato nella storia, si è fatto uomo per  insegnarci a divenire uomini migliori! Ci ha insegnato a entrare fino in fondo nella nostra storia, a confrontarsi con  essa e a condurre, per quanto possiamo, una vita retta, bella, vera. 

Nella messa della notte, il vangelo ci presenta la nascita di Gesù (Lc 2,1-14). Un Fatto avvenuto in un preciso e  dettagliato momento storico: “Un decreto di Cesare Augusto…quando Quirinio era governatore della Siria…”  (Lc 1-2).  

Nella messa dell’aurora, troviamo i pastori che vanno a contemplare quanto gli angeli avevano annunciato loro (Lc 2,15-20).  

Infine nella messa del giorno, l’evangelista Giovanni, con sguardo contemplativo, descrive l’Avvenimento Gesù,  Parola fatta Carne, il Dio fatto Uomo (Gv 1,1-18).  

A fare da filo conduttore ai testi biblici è “la notte”, per sottolineare che Gesù è “la luce” venuta nel  mondo, la luce vera che illumina e che non tramonta, come annunciato dal profeta: “Il popolo che camminava  nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1 – I  lettura della messa della notte). Sarà la luce ad avvolgere i pastori: “La gloria del Signore li avvolse di luce” (Lc  2,9, vangelo della notte), e a guidarli alla grotta di Betlemme.  

Da qui nasce la tradizione di addobbare alberi, case, vie con le luci: per noi cristiani non sono semplici addobbi,  ma sono il segno della Luce di Gesù. Sono la “luce” che ricorda che Gesù ha vinto le tenebre e ha illuminato la notte  della storia. Sono il segno che ricorda che come Gesù ha illuminato quella santissima notte, così illumina le nostre  notti fatte di fatica, di sofferenza, di dubbio… Lui stesso ci avvolge della sua Luce e ci guida attraverso i sentieri  del tempo verso la “grotta di Betlemme”, verso l’incontro con Lui. Lasciamoci guidare dalla “luce” che Dio ci offre  lungo il cammino perché sono i “segni” attraverso i quali Lui ci sta attirando a sé per dirci che ci vuole bene, che ci  ama, che è venuto per noi, per me. Il Natale è il grido di gioia di Dio che ci dice che non si è dimenticato di noi! E’ il  Dio con noi, che mai ci abbandona e mai perderà la sua luminosità: “Egli era la vita e la vita era la luce degli  uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1,4, vangelo del giorno). 

Come dicevo, la liturgia ci offre quattro Messe di Natale, quattro momenti che ci accompagnano in una  sorta di pellegrinaggio. Nella prima tappa, la messa della vigilia, si pongono le premesse per capire chi è Gesù. Egli  doveva essere della discendenza di Davide, come promesso dal profeta Natan: “Va’, e riferisci al mio servo Davide:  “…Io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il tuo regno… La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre…” (cfr 2 Sam 7,1ss). Il testo evangelico di Matteo che ascolteremo nella Messa della  vigilia mirerà proprio a collegare Gesù alla discendenza di Abramo e quindi di Davide. Egli è dunque l’Atteso delle  genti, l’Annunciato dai profeti.  

Partendo da questo dato, il cammino continua fino a portarci innanzi alla grotta di Betlemme, poiché “Per loro  non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2,7, vangelo della notte). Se vogliamo incontrare il Signore Gesù – a questo ci  ha educati il cammino d’Avvento – dobbiamo necessariamente rinunciare alle false immagini che ci siamo fatti di  Dio. Dio non nasce in un palazzo ma in una grotta alla periferia della città (anche i Magi dovranno ricredersi e incamminarsi verso Betlemme, Mt 2,1-12, Epifania). Un particolare che ci suggerisce che chi vuole incontrare il  Signore deve accettare di farsi condurre verso la periferia non solo delle città, ma anche della nostra storia e del  nostro tempo; e ancor prima, siamo invitati ad andare nelle periferie del nostro animo, lì dove magari preme la  vergogna di qualche peccato commesso, lì dove regna la sfiducia nel non sentirci all’altezza della vita e di Dio.

Il  Natale di nostro Signore ci porta alla verità della nostra vita e della nostra storia: non è una luce che abbaglia e alla  fin fine inganna, ma – dicono i testi – è una luce che avvolge e illumina, una luce che scalda e che guida, cioè che  ti accompagna. Il Figlio di Dio fatto Uomo in Gesù mi e ci aiuta a riconciliarci con la nostra umanità ferita dal peccato. Gesù è venuto per dire a ciascuno di noi che la vita merita di essere vissuta fino in fondo, perché anche “Se il  cuore ci rimprovera qualcosa, Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa”( 1Gv 3,20). Il Natale di Gesù  non è una luce che inganna, che abbaglia… non è un’illusione o una favola. È Avvenimento di Amore, di Speranza,  di Misericordia. Di Gioia.  

I pastori, uomini semplici e illetterati, “andarono senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia” (Lc 2,16). Si mossero obbedendo alla parola degli angeli e lasciandosi guidare dalla “luce”  che li avvolgeva. Giunti alla Grotta, videro un bimbo. Niente di più. Ma riascoltando in cuor loro le parole degli  angeli, riconobbero in quel Bimbo il Figlio di Dio, il Messia. Solo questa esperienza di comprensione li aiuterà a riconoscere il Messia. Le parole degli angeli si rivelano per loro la chiave d’interpretazione per capire quanto stanno  vivendo. “Dopo averlo visto, riferirono…quelli che udivano si stupirono…Maria, da parte sua, custodiva…me ditava nel cuore” (Lc 2,17-20). 

In queste brevi parole troviamo l’esperienza del “vedere”, dell’”ascoltare”, dello “stupirsi”, del “custodire” e del  “meditare”. Il “vedere” per essere compreso chiede di essere guidato da un retto “ascoltare”: solo la comprensione, infatti, permette di riconoscere. La Parola di Dio si rivela così come la chiave, la password per comprendere  il “vedere”, ossia l’esperienza dello scorrere della vita quotidiana. E sarà questo “comprendere” la vita dal di dentro  che ci porterà a “stupirci” di ogni cosa, perché tutto è segno, tutto parla di Dio! Ma ancora non basta. Serve “custodire” nel cuore quanto vissuto, imparare cioè a far memoria delle grandi gesta che Dio compie in noi e per noi.  E il custodire la memoria s’accompagna all’arte del “meditare”, ossia del rileggere con Dio ogni istante, riconoscendolo parte di uno stesso libro, quello della vita, perché tutto è dono di Dio. Tutto è esperienza con Dio. Ciò che serve è la chiave per entrarvi. È la Parola. È Gesù, il Verbo fatto carne (cfr Gv 1, vangelo del giorno).  

Queste sfumature appena accennate sono i tanti stati d’animo presenti nei nostri cuori, sono esperienza quoti diana. Dal vedere al meditare, passando per lo stupore, l’ascoltare e il custodire. Ogni attimo della vita chiede  questi passaggi. Non bastano emozione e stupore per divenire maturi, se no la gioia del Natale termina il 7 gennaio! In fondo non si può andare solo lì dove ti porta il cuore: il cuore va portato dove deve andare! Ecco la fatica  del meditare. La fatica della vita che chiede di essere anche pensata, ponderata, compresa in un quadro più  grande. È importante, perché ci sono e ci saranno sempre momenti umanamente incomprensibili: Maria non com prese, ma custodiva e meditava. Custodire permette al momento giusto di comprendere, perché non tutto si svela  subito alla nostra comprensione. I discepoli, infatti, comprenderanno molte parole di Gesù solo dopo la risurrezione. Ma è proprio grazie a questo ricordare, che ritroveranno forza e coraggio di testimoniare. Fino al martirio.  Illuminati dalla Parola e da essa avvolti, sapremo riconoscere il significato più vero e più profondo del Natale. Gesù,  vero Dio e vero Uomo, è venuto per me, per noi. In Gesù, Dio è Fedeltà alle sue promesse. “Dio si è fatto uomo  perché l’uomo diventasse Dio”(sant’Ireneo)! Perché l’uomo raggiungesse “la misura della Sua pienezza…di Uomo  perfetto”(cfr Ef 4,13). Tanto che il Concilio Vaticano II dirà: “Chi segue Gesù, l’uomo perfetto, diventa lui pure più  uomo” (GS 41). 

Se comprendiamo questo, allora capiamo perché non possiamo ridurre il Natale di Gesù a una semplice festa di  emozioni e di luci, di pranzi e di regali. Tutto bene, s’intende. Ma non può bastare. Almeno per noi cristiani non  può bastare! Anche Erode voleva vedere Gesù per “curiosità” (cfr Mt 2,8)… e sappiamo cos’ha fatto con la strage  degli innocenti! (Mt 2,16).  

Il Natale di Gesù è la “cifra”, la “chiave”, la “password” per divenire uomini e donne più perfetti! Solo così, come i  pastori, sapremo dare testimonianza: “I pastori se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che  avevano udito e visto…”. In altre parole: “Quello che abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi,  quello che contemplammo e che le mani toccarono del Verbo della Vita…noi lo annunciamo anche a voi” (1Gv 1,1-2).  

Anche noi siamo chiamati a glorificare e lodare Dio con la nostra vita, prima che con le parole. Importante è saper  fare autentica esperienza del Natale di Gesù! Come dicevamo nella III e IV domenica di Avvento, si tratta di avere  anche il coraggio di mettere in discussione le nostre certezze, perché Dio non sempre corrisponde ai nostri sogni  e attese, anzi! Guardiamo agli angeli: mica vanno al tempio di Gerusalemme a portare l’annuncio! Vanno da alcuni  pastori, da coloro che proprio per le regole del Tempio non sono ammessi neppure a pregare! Guardiamo ai magi:  prima vanno a Gerusalemme, ma poi dovranno ricredersi e andare a Betlemme. Se si vuole incontrare il Signore è  necessario seguire la Sua strada, non la nostra: “Le mie vie non sono le vostre vie” (Is 55,8). Dio capovolge tutto e il  canto del Magnificat di Maria trova così ancora più forza: Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili (Lc 1,52).  

Come per i pastori, così chiediamo di essere condotti dalla Luce gentile del Vangelo per contemplare in quel Bimbo  il Figlio di Dio fatto Uomo per noi. Chi fa questa esperienza troverà la pace che cerca: “Gloria a Dio nel più alto dei  cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama” (Lc 2,14, vangelo della notte). “Pace agli uomini che egli ama”: in  Gesù c’è tutto l’amore del Padre del Cielo! Accogliere Gesù è accogliere l’amore di Dio, il quale ha tanto amato gli  uomini da mandare il suo Figlio unigenito per umanizzare l’umanità, per renderla più bella, più vera. Si è fatto  Uomo per renderci più umani!  

Gesù è l’Uomo nuovo, l’Uomo perfetto, il solo che può renderci perfetti come il nostro cuore desidera. In Gesù c’è  tutto l’amore di Dio per me, per ciascuno di noi. In Gesù c’è il “si” di Dio nei nostri riguardi. Gesù è il dono del Padre  per tutti noi! E qui trova significato lo scambiarsi i doni a Natale: come Dio mi ha fatto dono del suo Figlio Gesù,  così io condivido un dono con gli altri per manifestare il mio amore.  

Non temiamo, allora! Andiamo incontro al Signore! Non temiamo: Egli è venuto in cerca della pecora smarrita (Lc  15,4ss); non è venuto per i sani ma per i malati (Mt 9,12); non è venuto a chiamare i giusti ma i peccatori (Mt 9,13);  è venuto a cercare chi è perduto (Lc 19,10). Allora non lasciamoci imprigionare da vani discorsi creati ad arte dalla  nostra “diabolica fantasia”: questa è la Parola da seguire, questa è la Luce da cui lasciarci guidare. Forza…”

Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo Avvenimento!”.  

Innanzi al nostro presepe, al Bimbo di Betlemme diciamo il nostro grazie: “Grazie, perché sei venuto per me!”,  “Perché, nonostante tutto, ti fidi ancora di me”, “Grazie perché mi ami”. Diciamolo con tutto il cuore! E rechiamoci innanzi alla grotta che è il “tabernacolo” in chiesa, lì dove Gesù è realmente presente nell’Eucaristia: “Grazie, per ché mi ami”. Diciamoglielo quando riceviamo l’Eucaristia: “Non sono degno Signore, tu lo sai, ma il Natale mi dice  ancora una volta che Tu mi ami… e io ti amo per questo! Grazie”.

Leggi qui la preghiera per domenica prossima.

Il commento al Vangelo di domenica 25 dicembre 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.