Con la festa del Corpus Domini — il Corpo e il Sangue del Signore — la Liturgia domeni-cale ci riporta al cenacolo e offre alla nostra meditazione il racconto dell’Ultima Cena di Gesù con gli apostoli, nella versione dell’evangelista Marco.
“Questo è il mio corpo”; “Questo è il mio sangue dell’alleanza”: sono le parole cen-trali che il Signore pronuncia mentre porge ai discepoli il pane spezzato e il calice del vino.
L’evangelista evidenzia il contesto pasqua-le di quel nuovo rito, compiuto da Gesù, all’interno della cena dell’agnello mosaico: “Era il primo giorno degli Azzimi, quello nel quale si immolava la Pasqua”.
Gli agnelli cioè — secondo la Legge mosaica — venivano portati nell’area sacra del Tem-pio di Gerusalemme, dove venivano immo-lati per ogni famiglia o gruppo di famiglie, in modo che presso ciascuna si potesse compiere la cena rituale, nella quale si ren-deva presente il prodigioso intervento di liberazione, con il quale Dio aveva salvato Israele dalla schiavitù dell’Egitto.
“Alleanza” è la parola chiave, presente an-che nelle parole di Gesù: Dio stabilisce un patto con il suo popolo; ma ora si tratta di un patto nuovo, cioè definitivo, siglato con il sangue del Figlio di Dio, con la sua vita donata fino in fondo e per sempre.
Ma che cosa accadde agli apostoli, quando mangiarono di quel pane e bevettero di quel vino?
Accadde qualcosa di assolutamente nuovo: gli apostoli parteciparono realmente alla passione, morte e risurrezione di Cristo, prima ancora che essa fosse cronologica-mente accaduta.
L’Eucaristia, infatti, ha proprio questa for-za, di spezzare la barriera della cronologia, la barriera del passato e del futuro, ren-dendo attuale ed efficace qui e ora il dono totale che Cristo fece di se stesso.
Esattamente come accade a noi, quando ce-lebriamo l’Eucaristia: la Pasqua del Signore — la passione, morte e risurrezione del Si-gnore, l’effusione del suo Spirito — si rende presente ed efficace “qui e ora” per noi, ci raggiunge con la sua forza di salvezza, di purificazione e di vita.
Non è una rievocazione, non è il brivido di un’emozione: è la partecipazione misterio-sa ma reale al dono supremo di Cristo.
La Messa non è dunque la rievocazione dell’Ultima Cena, come a volte si sente dire; l’altare non è tanto un rimando alla tavola del Cenacolo: è piuttosto il segno della Cro-ce sul Golgota e del Sepolcro della risurre-zione, anzi è il “qui e ora” di tutto il mistero di Cristo, nato a Betlemme, che passò in mezzo a noi sanando e beneficando, e of-frendo se stesso per la nostra salvezza. Questo è il senso delle parole “Corpo dona-to”, “Sangue versato”.
Cristo dunque non resta prigioniero del passato, ma abita il presente in cui viviamo.
• Prese il pane
• Recitò la benedizione
• Spezzò il pane
• Lo diede agli apostoli
• Dicendo: “È il mio Corpo” e così pure il “Sangue”
Questi sono gli elementi fondamentali del rito istituito da Gesù, che la Chiesa non ha mai trascurato di celebrare, per mezzo dei suoi ministri:
• nell’offertorio il pane viene “preso”, separato dagli alimenti comuni,
• poi si recita la grande preghiera di “benedizione”, il rendimento di grazie al Padre per quanto il suo Figlio ha fat-to per noi (è quella preghiera che noi conosciamo come “consacrazione”),
• il pane viene poi “spezzato”: è il segno del dono totale di Cristo
• poi viene “dato”, ripetendo ancora la parola di Gesù, alla quale crediamo con fede certa: “Il Corpo di Cristo”.
La festa del Corpus Domini, risvegli in noi la fede e la comprensione di questo dono immenso, e ci doni la grazia di viverlo con la coscienza che non possediamo tesoro più prezioso di questo.
Dopo l’Eucaristia, non abbiamo più nulla di più grande.