Con questa domenica entriamo nel tempo forte dell’Avvento, tempo in cui, lasciandoci guidare dalla Parola di Dio e dalla preghiera della Chiesa, loderemo, adoreremo e conosceremo meglio il Signore, per preparaci alla sua venuta. In questo ciclo A dell’anno liturgico, ci accompagnerà in modo particolare il Vangelo secondo Matteo, dal cui capitolo 24, parte del cosiddetto discorso di Gesù “sulle cose ultime” (ta eschata), è tratto il brano che stiamo meditando.
Richiamando il noto episodio del diluvio di Genesi (Gen 6,5-12), Gesù invita a riflettere sulle priorità della nostra vita quotidiana. Il tempo di Avvento, come dice la parola stessa, ci parla di una venuta, quella di Cristo glorioso che tornerà nella gloria alla fine dei tempi, ma anche quella storica già avvenuta duemila anni fa nel mistero dell’Incarnazione, che ogni anno celebriamo nella liturgia natalizia, così come di quella quotidiana che accade sempre di nuovo per noi, qui ed ora. Come ci prepariamo a questo incontro?
Il rischio è quello di lasciarci travolgere da questo diluvio, che è la venuta del Signore, imprevedibile e sconvolgente, senza neppure accorgercene, proprio come i contemporanei di Noè, distratti dall’orizzontalità dei loro bisogni e dei loro piaceri. In quel momento decisivo, che è il ritorno di Cristo, non conta il riconoscimento sociale o le proprie occupazioni; quello che conta è soltanto l’attitudine dello spirito: l’attenzione alla relazione che ci caratterizza, quella con il Vivente, Colui che è, che era e che viene.
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Dare priorità alla nostra amicizia con il Vivente ci rende vivi, svegli, attenti a quello che accade attorno a noi, disposti ad ascoltare la sua voce e i bisogni dei fratelli. Riflettendo anche sul piano semplicemente umano, quando facciamo l’esperienza della perdita di una persona cara oppure di aver sprecato un’occasione importante, ci rendiamo conto che avremmo dovuto agire diversamente e ci rendiamo conto di quanto tempo abbiamo fatto trascorrere senza senso, non investendolo al meglio.
Questa consapevolezza ci fa ricadere nel rimpianto e nel rimorso, quando ormai non c’è più nulla da fare per cambiare le cose. Utilizziamo questo tempo dell’Avvento, dunque, per concentrarci davvero su quello che conta a livello umano e spirituale, senza rimandare, ma coltivando la nostra amicizia con Cristo e quelle relazioni che ci edificano e ci fanno veramente crescere: è questa la vigilanza, la virtù che diviene nostra guida in questo tempo di Avvento, vera parabola di tutta la nostra esistenza umana.