Anno A – Is 2,1-5; Sal 121; Rm 13,11-14a; Mt 24,37-44
IL RISVEGLIO
Giovanni Vannucci O.S.M., in Risveglio della coscienza, ed. Servitium, Milano 1984-2019; 1.a di Avvento, Anno A
L’avvento, tempo qualitativo di preparazione alla nascita in noi della Parola eterna, si apre con le parole gravi e ammonitrici di Cristo: il diluvio era imminente, mille segni lo preannunciavano, gli uomini continuavano a vivere la loro distratta esistenza, solo Noè e i suoi figli furono attenti e si salvarono.
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Siate svegli, il Figlio dell’uomo verrà inaspettatamente, salverà chi ha gli occhi aperti ai segni che lo annunceranno (Matteo 24, 44).
Siate svegli! È la ricorrente parola della predicazione di Cristo. Da quale sonno dobbiamo svegliarci?
Vari sono i generi di sonno, e vari i modi del risveglio. Vi è il sonno corporeo che conclude una giornata laboriosa e, nel riposo, ristora le forze necessarie alla continuazione della vita. Vi è il sonno dell’abulia, dell’inerzia di chi si lascia vivere trascinato dalla corrente della vita come una pagliuzza. Vi è l’assopimento che accompagna la crisi che deciderà l’esito di una malattia grave.
Ognuno di essi è seguito da un correlativo risveglio, ma non ad essi allude il comando di Cristo: siate svegli! Egli addita un sonno sottile in cui può essere immerso l’uomo più attivo e operoso, il sonno della mente e del cuore, il sonno in cui viene a trovarsi la maggioranza delle coscienze umane, che impedisce la chiara presa di coscienza del destino eterno e divino di ognuno, e che assopisce ogni nobile anelito all’ascesa e all’elevazione.
Siate svegli! nell’esperienza cristiana vuol dire: aprite gli occhi alla qualità divino-umana apparsa nell’archetipo dell’uomo, nel Figlio dell’uomo: Gesù Cristo; aprendo gli occhi, incamminatevi decisamente a raggiungere la sua statura. Gesù Cristo, unione sostanziale della natura eterna del
divino e della peribile natura del mortale, non si differenzia né da Dio né dall’uomo, ma è insieme uomo e Dio, Dio e uomo. «Chi vede me vede il Padre, chi accoglie voi accoglie me, chi accoglie me accoglie colui che mi ha inviato» (Giovanni 14,9; Matteo 10, 41).
Nella persona di Cristo immanenza e trascendenza, materia e spirito, Dio e uomo sono posti sullo stesso piano; e questa identità degli opposti, se vissuta dall’umana coscienza, conduce al miracolo della redenzione per cui l’innocente espia per il peccatore e lo spirito purissimo agonizza nella materia.
Questa realtà ci sgomenta, lo sgomento ci fa ripiegare nel sonno.
Nel sonno, come i contemporanei di Noè, non ci è dato di vedere quello che i risvegliati scorgono: «Due saranno nel campo: uno verrà assorbito dalla veniente luce, l’altro rimarrà preso dalle divagazioni dell’esistenza intorpidita. Due donne staranno macinando il grano alla mola, una sarà assorbita dalla nuova manifestazione di Dio, l’altra continuerà a ripetere lo stesso sfibrante movimento» (Matteo 24, 40-41).
I non svegli rimarranno chiusi nell’indifferenza della tiepidezza, immersi in un sonno rassicurante, la loro anima non reagisce più al bene e al male e spegne in sé la scintilla divina della sua essenza personale. Il non risvegliato da questo sonno non si interessa che di se stesso; moderatamente canaglia e moderatamente buon uomo, è pronto a fare il bene o il male purché non costi fatica, purché non sia rischioso. Con i paraocchi di una morale retriva e arida va per la sua strada nulla vedendo, nulla volendo vedere che non sia d’immediata utilità.
I non svegli appartengono a tutte le classi, ai ricchi e ai poveri, ai borghesi e ai proletari, ai religiosi e agli atei. Nel loro quieto sonno hanno paura della vita e della morte, non vivono e non muoiono.
Il risveglio alla realtà divina e umana di Cristo fa incamminare la coscienza verso il raggiungimento della pienezza della personalità dei singoli, in maniera tale che il risvegliato non può sottrarsi a ciò che costituisce la ragione della sua presenza nella creazione, cioè il compito ascensionale, evolutivo.
Il risvegliato comprende di essere sulla terra solo di passaggio, e di esservi chiamato a misurare le sue forze e a esservi giudicato, ma da questa misurazione, da questo passaggio dipende tutto per lui, per il suo autentico io, per il suo spirito. Per questo deve tendersi come arco nell’ascesa, per scagliare la freccia del suo vero essere più in alto che può, perché dove la freccia giunge ivi rimane.
Il risveglio provocato dalla realtà di Cristo costituisce il passaggio difficile, la porta stretta, la cui traversata richiede la presa di coscienza del proprio torpore, della tiepidezza in cui sono immerse le energie ascensionali dell’uomo, dell’innocenza anteriore, e del destino di pienezza vitale, di fruttificazione delle proprie nobili qualità, dell’innocenza ulteriore.
La coscienza risvegliata comprende che è chiamata a vincere tutti i possibili stati di sonno, a raggiungere il compimento di tutte le più alte speranze dell’uomo, a slanciarsi con eroico impegno alla conquista della realtà dei figli di Dio. Gesù dice: «Io sono la luce» (Giovanni 8, 12), e «Io ho vinto il mondo» (Giovanni 16, 33): la coscienza risvegliata vince il mondo per diventare la luce. Allora entra nell’arca di Noè, risponde alla chiamata divina, abbandona le volontà sbagliate per muoversi in conformità alla volontà divina, che è volontà di luce.
Il passaggio dal sonno al risveglio, dalla nascita terrena a quella celeste, da figlio della terra a figlio di Dio, richiede una dura e austera lotta. Essa cristianamente consiste non nel rifiuto orgoglioso del mondo e delle passioni, ma nella risposta a colui che invita a una totale intensità di vita: risposta che esige l’affrontamento dei rischi, delle prove, per trasmutarle in principio di ascensione. Il risvegliato deve combattere le sue battaglie, le grandi e le piccole, fino al giorno in cui la pace della pienezza di vita raggiunta regnerà nel suo cuore di vincitore. «Al vincitore farò prendere il posto vicino a me sul mio trono, come io sono vicino al Padre, sul trono» (Apocalisse 3, 21).
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