Quante volte il dolore nella sconfitta oggettiva in un rapporto interpersonale o in un obiettivo disintegra quella sicurezza che disperatamente ricerchiamo fuori invece che dentro noi stessi?
Quanto spesso concederci il lusso di vivere pienamente un dolore ci allontana da una società della performance che ci vorrebbe subito di nuovo sul ring della vita, a incassare il prossimo colpo e non soffermarci troppo sul KO precedente?
Troppe volte.
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Come possiamo invertire la rotta degli eventi? Concedendoci il tempo necessario della fine e poi lasciare andare tutto, mollare la presa e voltare pagina. Come vivere la turbolenza di quei momenti dove ci sente persi in mezzo ad un oceano in tempesta? Aggrappandoci al pensiero che nulla è definitivo e che non definisce pienamente la nostra vita.
E quando ci sentiamo troppo affaticati è giusto fermarsi e godersi la fine di un giorno, preparazione per l’alba di un altro e avvertire su ogni poro della nostra pelle, l’Amore di Dio che si fa potente nelle onde dirompenti dell’oceano Atlantico, o in quel raggio di sole dopo tanta pioggia o nell’abbraccio con uno sconosciuto che ci riconsegna il senso del nostro essere al mondo.
Ester Antonia Cozzolino
Rete Loyola (Bologna)
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato