Pace e bene, in questa solennità di Cristo Re dell’Universo riscopriamo la dolce signoria di Cristo nella nostra vita, capace di salvarci e dare senso anche alla nostra sofferenza.
Ultima domenica del tempo ordinario, solennità di Cristo, Re dell’Universo. Celebriamo la sua regalità, la sua signoria sull’intero universo. Una signoria, però, ben diversa da alcuni nostri schemi. Basti pensare al Vangelo di oggi: chi è il vero re? Chi è, in fondo, il nostro Dio? Come ci aspetteremmo la descrizione di un re? Forse una scena gloriosa, potente, esaltante; e invece come vediamo il nostro Re in questo Vangelo? Lo vediamo crocifisso e deriso da tutti. Quasi tutti gli vanno contro, invitandolo a scendere, a salvare se stesso. In queste parole scorgiamo la tentazione del maligno che, come aveva promesso dopo le tentazioni nel deserto, ritorna alla carica, servendosi di terzi, incitando Gesù a non fare la volontà del Padre, a non salvare gli altri, ma a pensare a se stesso!
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Perché Gesù non lo fa? Semplice. Perché non è venuto sulla terra per salvare se stesso, ma noi. Tutta la sua vita è un continuo atto di abbandono al Padre, è un totale e perfetto atto di amore e mai di egoismo! Ecco Dio fattosi uomo: Lui è il nostro re. Non vive per se stesso, ma per noi. È una sferza per tutti i potenti: qual è il vero re? Uno che dà la vita per gli altri, che fa il bene degli altri.
Cosa significa regnare? Servire. In fondo, anche noi, nei singoli atti, siamo chiamati a scegliere: servire, dunque regnare, o lasciarci andare all’egoismo? Occuparci del nostro ego, o del prossimo? Cercare ciò che voglio io, o quel che è gradito a Dio? Farmi i fatti miei, o aprirmi all’opera che Dio vuol fare in me per gli altri?
Noi in fondo ci aspetteremmo un altro tipo di re, che sia proiezione della nostra smania di potere e grandezza. Se Dio fosse così, sarebbe lecito cercare di essere così. Ma Dio è l’esatto opposto. È re, perciò serve. Anzi, proprio perché è vero re serve!
Sulla croce vediamo chi è davvero Dio e abbiamo una scelta da compiere: continuare a proiettare in Dio i nostri schemi e le nostre aspettative, pretendendo che sia e faccia come diciamo noi (come hanno fatto quasi tutti, cattivo ladrone compreso); o lasciarci purificare mente e cuore dalla sua crocifissione, facendo un atto di “sana furbizia” come il buon ladrone: affidarci a Lui, aprendoci alla sua grazia. Cosa trasforma la croce del ladrone in salvezza? L’aprirsi a Cristo!
Il buon ladrone non chiede che Gesù lo faccia scendere, che lo vendichi o che gli risolva “magicamente” i problemi. No. Sa di meritare quella condanna. Accetta quella sofferenza, affidandosi serenamente a Gesù. Il ladrone scorge in quell’uomo mite, ingiustamente massacrato, che continua a pregare il Padre e ad intercedere per i suoi carnefici, il vero Re. Gli chiede: «ricordati di me quando sarai nel tuo regno». Ricordati di me, che ci sia un pezzetto di me nella tua memoria; almeno tu non mi dimenticare come faranno ben presto tutti. E Gesù gli risponde: «oggi con me sarai in paradiso». Siccome stai con me, siccome hai chiesto di stare con me, non sarai soltanto nella mia memoria: oggi entrerai nel paradiso. Oggi con me! Cosa è il cielo? L’essere con Lui, e già qui ed ora possiamo “assaggiarne un po’”, vivendo uniti a Lui.
Sì, la nostra vita inizia a profumare di cielo quando siamo con Lui. La croce diventa via al cielo quando ci saliamo con Lui, donandoci a Lui e agli altri. Gesù non toglie la croce, ma la trasforma in strumento d’amore; Lui non dà facili soluzioni alla sofferenza ma si rende presente nella sofferenza, rendendola via al cielo. Solo questo Re sa trasformare la nostra vita, solo questo re ci spalanca la porta di accesso al Padre, solo questo Re è capace di trasformare in dono d’amore la nostra vita. Celebriamo Cristo Re, che non viene per renderci “i primi della classe”, ma per renderci santi e farci entrare in paradiso.