Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 17 Novembre 2022

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Porte aperte alla pace

“Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace”. Il profeta Gesù guarda Gerusalemme, la città eletta, e già la vede assediata, devastata dalla guerra. E sono le lacrime a chiederle perché: “Perché ti sei attirata addosso la rovina? Perché hai permesso che ti si nascondesse la pace?” E di fronte al suo silenzio, a quella muta, e colpevole, incoscienza che spesso adombra le collettività umane, le suggerisce: “Perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”.

Povera Gerusalemme, non hai capito che la pace viene da una visita! Per evitare la guerra, credevi di doverti arroccare nella solidità delle tue tradizioni, e più ti sforzavi di salvare te stessa più ti lasciavi sfuggire la pace; ti sei chiusa per custodire il re che portavi in grembo e non ti sei accorta che egli era alle tue porte sbarrate e bussava, con la voce stanca di uno straniero che ti chiedeva ospitalità; ti sei barricata per preservare pace e sicurezza e hai finito per vedere nemici anche tra gli amici anziché scorgere nel nemico un potenziale amico.

“Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace”. Gesù biasima in anticipo la città per eccellenza e, come sempre, al rimprovero mescola la consolazione. “Se avessi compreso anche tu”, “anche tu”: no, tu non hai riconosciuto in me il Signore che visita il suo popolo, non hai visto sul mio volto il sole che spunta dall’alto per guidare i tuoi passi su vie di pace (Lc 1,68-79).

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Ma qualcuno che ha capito c’è. C’è chi ha detto: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo” (Lc 19,38). C’è qualcuno che intuisce che la pace non è una sicurezza da difendere innalzando muri, ma un tesoro prezioso e fragile da sospirare e invocare. Questi lo sentono con un tale realismo da osare contraddire persino gli angeli. “Sulla terra pace agli uomini” avevano cantato le schiere celesti alla nascita del Salvatore (Lc 2,14); “Pace in cielo” – rispondono ora le folle alla vigilia della sua passione – “perché qui sulla terra pace non c’è (Ger 8,11), ma benedetto colui che viene, il principe della pace (Is 9,5)”.

A loro, a noi il Risorto risponde “Pace a voi” (Lc 24,36), perché se sulla terra non c’è pace, devono esserci dei portatori di pace. A noi il Vivente chiede di guardare a questa umanità, che non smette di autodistruggersi non riconoscendo ciò che porta alla pace, con un realismo purificato con le lacrime da ogni cinismo. Lasciamo che le lacrime degli ultimi, di quei figli di Gerusalemme soffocati dalla follia autoconservatrice della loro madre, scavino un solco nel nostro profondo perché almeno nella cittadella del nostro cuore qualche muro cada. Piangiamo con chi piange perché alle prime lacrime amare della disperazione ne seguano altre, dolce sospiro del Consolatore. Poi entriamo in città con la stessa lucidissima certezza di Gesù che saremo rifiutati, ma con l’invincibile ostinazione di chi sa che la morte non ha l’ultima parola; entriamo in città con la certezza che la nostra sconfitta sarà pungolo contro le porte chiuse del mondo, sarà grido alla Gerusalemme ripiegata su sé stessa: Effatà! Apriti! (Mc 7,34).

fratel GianMarco

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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