Don Joseph Ndoum – Commento al Vangelo del 13 Novembre 2022

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La perseveranza porta alla vita

E’ questa la seconda domenica nella quale Gesù invita a rivolgere l’attenzione sulle “cose ultime”. Invita infatti, in un linguaggio simbolico, a cogliere il rapporto che intercorre tra il “tempo presente” e il “tempo definitivo”.

Un esempio di questo linguaggio del genere apocalittico è la prima lettura dal libro di Malachia. Il profeta che parla al nome di Dio annuncia un oracolo sulla fine del tempo, indicata come “giorno del Signore”. Sarà il giorno della giustizia, cioè giorno di premio e punizione per buoni e cattivi.

Malachia parla in effetti di un giudizio di condanna per “tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia”.Essi finiranno bruciati “come paglia”. Il fuoco qui evoca l’ira di Dio ed esprime la sua reazione alle malvagità degli uomini; fa anche intuire che il giudizio di Dio porterà allo scoperto il male per eliminarlo definitivamente. Ma l’intervento di Dio mette anche in evidenza il positivo. Perciò il profeta annuncia una parola di conforto per i giusti: “per voi invece, cultori del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia”. Per quelli che si fidano di Dio, il suo giudizio quindi è un giorno favorevole, simbolizzato dai raggi benefici del sole che inaugura sempre un giorno nuovo.

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Dio è fedele alle sue promesse di salvezza. Questo tema del giudizio di Dio appare anche nel salmo responsoriale, che fa parte del gruppo dei salmi in cui si riconosce la signoria di Dio nella creazione, nei suoi interventi storici per liberare il suo popolo, ma soprattutto nel giudizio finale. Nel giudizio finale si renderà manifesta la giustizia di Dio che salva quelli che vi si affidano, mentre adesso si manifesta la sua misericordia per il peccatore che si pente. Dio non vuole la morte del peccatore, ma la sua conversione.

Del giudizio di Dio parla anche il brano evangelico da Luca. Invitano Gesù ad ammirare la maestosa costruzione del Tempio. Egli sorprende tutti con una profezia agghiacciante:”Verranno giorni in cui, di tutto che voi ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”. E’ un colpo terribile contro la sicurezza dei Giudei, basata sulla solidità di quest’edificio e sulla continuità del culto, garanzie incrollabili della sopravvivenza del popolo ebraico.

Comincia così il difficile discorso escatologico-apocalittico di Gesù, alla vigilia della sua passione. E’, in un certo senso, l’addio ufficiale di Gesù alla città santa e alla storia del suo popolo, sintetizzata nel Tempio, simbolo dell’Alleanza antica. Per i Greci il tempo ha un carattere ciclico, riportando immancabilmente gli stessi avvenimenti. Per cui non c’è da attendersi nulla di sostanzialmente nuovo. L’uomo della Bibbia, invece, considera il tempo nella prospettiva di una storia orizzontale e di uno svolgimento lineare, sotto la guida di Dio, verso un termine ben definito.

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Il tempo è quindi aperto alla novità, all’inatteso e alla speranza. La storia ha, perciò, due protagonisti: Dio e l’uomo. Il compito dell’uomo è di trasformare la realtà del mondo in modo che diventi pronta per la parusia, cioè per la venuta finale del Signore. Il tempo presente è l’ora della vigilanza fiduciosa, della laboriosità piena di pazienza, e della perseveranza nel bene.

Quelli che ascoltavano Gesù gli chiesero:”Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?”. Nella sua risposta Gesù invita gli ascoltatori a non lasciarsi ingannare dai falsi profeti cha annunciano come imminente la venuta del giudizio di Dio. Anche gli eventi nefasti (guerre e rivoluzioni), che contrassegnano normalmente la storia umana, non devono essere considerati come i prodromi del tempo della fine. Oppure gli sconvolgimenti sociali e cosmici (terremoti, carestie e pestilenze), come anche i “fatti terrificanti e segni grandi del cielo” (che rientrano nel quadro tradizionale dell’apocalittica), non devono consentire di fissare il calendario dell’intervento finale di Dio.

Al posto della curiosità sterile, Gesù invita a considerare la propria responsabilità nella storia presente. I discepoli devono affrontare questo “tempo intermedio” con il coraggio e la fedeltà ed essendo sempre pronti a rendere testimonianza per la fede di fronte a chiunque e qualunque prezzo. Niente illusioni: “Sarete odiati da tutti per causa del mio nome”. Ma, “Questo vi darà occasione di render testimonianza… Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”. La via della salvezza passa attraverso la fedeltà che ha il suo sigillo nella morte. Gesù assicura i suoi discepoli: “Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà”. In effetti la morte fisica del testimone di Cristo non pregiudica la sua salvezza.

Don Joseph Ndoum


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