SABATO 05 NOVEMBRE – TRENTUNESIMA SETTIMANA T. O . [C]
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza
È verità eterna. Nessuno potrà mai servire due padroni: Dio e la ricchezza. Si eliminano a vicenda. Dio elimina la ricchezza. La ricchezza elimina Dio. Perché questa eliminazione a vicenda? Perché il cuore dell’uomo è uno. Se è dato a Dio necessariamente non potrà essere dato alla ricchezza. I beni di questo mondo vanno tutti vissuti secondo la volontà di Dio. Anche la ricchezza va vissuta secondo la volontà di Dio, facendone un uso santo.
Qual è l’uso santo della ricchezza? Servirsene per procurarsi una grande gloria nei cieli eterni. Questa gloria si procura se diamo con generosità di ciò che è nostro a chi non possiede neanche il necessario per vivere. Servendo noi Cristo Gesù nei poveri e nei miseri di questo mondo, Lui ci servirà nell’eternità nella sala del suo regno eterno. Ecco allora che la Parola di Gesù va rettamente compresa. C’è un abisso tra il servire la ricchezza – e si serve la ricchezza quando la si innalza davanti ai nostri occhi come il nostro Dio e Signore, quando facciamo cioè di essa il Dio e il Signore della nostra vita e consumiamo i nostri giorni per essa – e il servirsi della ricchezza.
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Servirsi della ricchezza non è peccato. Così come non è peccato produrre ricchezza. A condizione però che sia il servirsi della ricchezza e sia la sua produzione avvengano secondo la volontà del Signore nostro Dio. Questo significa che nessuna produzione della ricchezza è secondo Dio, dove l’uomo è sfruttato, trattato come un animale, costretto a lavorare per una intera giornata per un salario di miseria. Ma anche nessuna produzione della ricchezza è secondo Dio, se il lavoro che la produce chiede il sacrificio di vite umane o domanda loro la perdita della salute.
Prima della ricchezza viene la vita dell’uomo. La vita dell’uomo va messa prima del guadagno. Sono tante le cose che non rispettano la volontà di Dio nell’acquisizione della ricchezza. L’Apostolo Giacomo tuona contro lo sfruttamento degli operai. Le sue parole sono di fuoco: “E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco.
Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza” (Gc 5,1-6). Mentre l’Apostolo Paolo raccomanda a Timoteo di insegnare ai ricchi come la ricchezza vada vissuta secondo la volontà di Dio: “A quelli che sono ricchi in questo mondo ordina di non essere orgogliosi, di non porre la speranza nell’instabilità delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché possiamo goderne. Facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere: così si metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera” (1Tm 6,17-19).
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Ecco il vero fine dell’uso della ricchezza.
LEGGIAMO IL TESTO DI Lc 16,9-15
Una parola sull’uso della ricchezza secondo Dio va detta anche per gli amministratori della cosa pubblica. Essi domani dovranno rendere conto anche di un centesimo da loro sperperato o non usato secondo le regole della più stretta giustizia sia commutativa che retributiva. Di tutte le cattedrali nel deserto da essi costruite e poi abbandonate, di tutte le opere iniziate e non portate a compimento, di ogni maggiorazione di spesa ai fini di un guadagno personale, di ogni ladroneggio, di ogni appropriazione indebita, di ogni opera vana o non utile o non necessaria, di ogni elargizione indebita, di ogni promessa ai fini di ottenere voti, di ogni tassa iniqua, essi dovranno rendere conto al Signore loro Dio.
Non hanno amministrato secondo la sua volontà il bene comune. La morale non è nel dire che le tasse vanno pagate. La morale deve anche dire che per ogni tassa iniqua si commette un vero furto. Si pecca contro il settimo comandamento. Ed è iniqua ogni tassa che viene imposta senza aver prima eliminato ogni fonte di sciupio del denaro pubblico. Poiché le fonti di sciupio sono senza numero, se esse non vengono prima eliminate, ogni tassa che si impone è iniqua. Si aumentano le tasse per aumentare lo sciupio del denaro pubblico. Il denaro è sangue e va trattato con sommo rispetto. La Madre di Gesù ci faccia veri servi del Signore nostro Dio.