Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 3 Novembre 2022

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“Rallegratevi con me!”

Al cuore delle due parabole di oggi (le prime delle tre parabole della misericordia narrate da Luca), vi è l’invito pressante alla gioia. La vita cristiana è innanzitutto gioia, è festa (Lc 15,32). A ciascuno è chiesto di entrare in questa dimensione di gioia; l’invito è chiaro: rallegratevi!

Avvicinatevi e rallegratevi voi, pubblicani e peccatori, perché non siete irrimediabilmente perduti e scartati, ma rallegratevi anche voi, farisei e scribi, e non mormorate, perché il vero servizio al Signore è condividere la sua gioia per ogni creatura smarrita che riesce a ritrovare.

E così la pagina evangelica di oggi ci parla innanzitutto della gioia di Dio, cui non bastano 99 pecore, né 9 monete. No, la gioia è piena e completa solo quando anche la pecora perduta è ritrovata, la monetina smarrita è recuperata. E di questa gioia fanno parte anche la fatica e l’impegno per giungervi: occorrerà lasciare le altre pecore nel deserto e mettersi in cammino per cercare, occorrerà spazzare e pulire bene la casa per trovare.

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Ma quando la pecora o la moneta è ritrovata allora la gioia che ne scaturisce è incontenibile: tutti, vicini e amici, devono saperlo e lasciarsi conquistare da quella stessa gioia. I cieli stessi ne saranno ripieni. Perché la gioia è tale se è condivisa. Si tratta di gioire insieme. Non c’è spazio per freddezze o atteggiamenti sprezzanti. Oserei dire che le stesse 99 pecore, così simili a quei farisei (e a noi…) che si credevano giusti davanti a Dio (Lc 18,9) e che forse vivono come un abbandono il ritrovarsi nel deserto sole e apparentemente abbandonate a causa di quell’unica pecora che si è smarrita, anche loro sono chiamate a gioire.

E come potrebbero fare altrimenti? Quel ritrovamento insperato sarà la gioia della loro vita perché è la gioia del loro Signore: è la loro gioia perché finalmente il gregge è tornato nella sua pienezza, è la gioia che scaturisce dall’aver patito anche loro il dolore della perdita della loro compagna, dall’aver patito anche loro l’angoscia e la trepidazione del loro pastore lanciatosi alla ricerca della perduta.

E ancora: è la gioia condivisa anche dalla pecora, che si scopre cercata e trovata proprio quando si credeva ormai sola e abbandonata. È la gioia dei piccoli, di quanti non valgono nemmeno un centesimo agli occhi dei grandi del mondo, nello scoprirsi desiderati, amati, cercati ad ogni costo dal loro Signore, perché “Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10).

Ma dire gioia vuol dire, infine, parlare anche di “conversione” (la radice greca è la parola metanoia): “c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte” (vv. 7.10). La pecora, la moneta non fanno nulla per farsi trovare. Semplicemente si lasciano trovare, non oppongono resistenza, e questo è già molto! Da qui può scaturire un nuovo orientamento: sì, è possibile cambiare direzione, e questo proprio per la semplice esperienza, in una parola, in uno sguardo, in un incontro, dell’essere stato cercato e trovato. Perché è l’amore che ci fa cambiare, è l’amore che ci fa ricominciare, nella gioia e nella gratitudine.

sorella AnnaChiara

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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