Il racconto di Zaccheo, riportato soltanto dal vangelo lucano, rappresenta una splendida sintesi di tutta la teologia di Luca, poiché contiene numerosi temi, quali il peccato, la ricchezza, il desiderio di vedere, il ribaltamento dei valori, l’identità e la missione di Gesù di Nazareth, che possono essere sintetizzati nel messaggio centrale del brano, ovvero “l’oggi della salvezza” per ogni uomo e ogni donna che fa esperienza dell’incontro vivificante con Gesù di Nazareth. Il racconto è in profonda continuità con il brano precedente (Lc 18,35-43) dove viene descritta la guarigione del cieco, simbolo dell’esperienza salvifica compiuta dall’uomo grazie all’incontro con Gesù.
Il luogo del racconto è la città di Gerico, zona di confine della provincia romana della Giudea e tappa del viaggio di Gesù sulla via che dalla Galilea sale verso Gerusalemme. Il protagonista è Zaccheo, capo dei pubblicani, noti a quel tempo per svolgere il mestiere, “impuro” per gli ebrei, dell’esattore delle tasse per conto dell’impero romano. Egli rappresentava pertanto il simbolo del peccatore pubblico, riconosciuto tale da tutti e quindi odiato da tutto il popolo. L’evangelista Luca lo definisce in primis “un uomo” per sottolineare la sua qualità primaria ed evidenziare subito ciò che Gesù vede in lui, come in ogni suo interlocutore, senza nutrire alcuna prevenzione: la condizione di essere umano, dove invece gli altri vedono solo un criminale. E un apparente paradosso è il significato ebraico del termine Zaccheo, ovvero “innocente”, “puro”, Zaccheo pertanto “impuro” agli occhi della gente, si rivelerà “puro” e “innocente” nell’incontro con Gesù.
Zaccheo, disprezzato da tutti e umiliato da questa sua condizione, nutre nel proprio cuore il desiderio di conoscere il profeta e maestro Gesù, di cui ha possibilmente sentito parlare, nella speranza che l’incontro con lui possa cambiare qualcosa nella sua esistenza. Infatti, il suo comportamento è rivelativo: “Cercava di vedere Gesù chi fosse” (v.3), desiderava davvero conoscere approfonditamente quest’uomo. “Ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura” (v.3): la ricerca di Zaccheo è ostacolata da un suo limite fisico, elemento significativo che ci rimanda al modo in cui cerchiamo Gesù di Nazareth. Si va, infatti, incontro a Gesù e lo si cerca così come si è, ovvero con i propri e numerosi limiti, con tutte le particolari mancanze e lati oscuri che ci caratterizzano e non con un atteggiamento di illusoria “perfezione” che altera la nostra autentica realtà.
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“Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là” (v.4). Il desiderio di 2 vedere Gesù non conosce ostacoli, supera ogni barriera e Zaccheo riesce a correre per precedere Gesù e a salire sul sicomoro, posizione privilegiata per la visione. Zaccheo con il suo gesto precede Gesù, gli passa avanti, e rappresenta una novità nei vangeli, dove il discepolo sta sempre dietro a Gesù, alla sua sequela (Lc 7,38; 9,23; 14,27), gesto che sembra riecheggiare anche le parole di Gesù: “i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio” (Mt 21,31).
Mentre Zaccheo desidera vedere, scopre di essere visto in anticipo da Gesù: “quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo dimorare a casa tua” (v.5). In questo incrocio di sguardi si condensa tutto il senso più profondo della vita cristiana. Anche se noi ci sforziamo di “vedere” Gesù e di cercare la sua presenza, è lui che ci vede per primo e che ci ama in anticipo offrendoci una vita in pienezza. Ma se è Gesù a prendere gratuitamente l’iniziativa, occorre dall’altro lato la disponibilità dell’uomo affinché possa innestarsi la sua presenza nelle nostre esistenze. Quel giorno se Zaccheo non fosse salito sull’albero non sarebbe avvenuto quell’incrocio di sguardi che ha segnato per sempre la sua vita.
È molto significativo l’imperativo usato da Gesù: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo dimorare a casa tua”. Innanzi tutto l’invito a scendere è un richiamo a ritornare alla sua condizione ordinaria, alla sua “piccola statura”, un invito a tornare ad aderire alla terra poiché “lo straordinario” è servito solo per un momento. E inoltre l’azione deve essere compiuta “subito”, non c’è tempo da perdere, l’occasione è da cogliere al volo! Risulta altrettanto significativa l’indicazione temporale “oggi devo dimorare a casa tua”, dove l’avverbio “oggi” rappresenta una parola chiave fin dall’inizio del vangelo di Luca, “Oggi, nella città di David, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11), per arrivare all’ora della croce nel dialogo con il “buon ladrone”, “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23, 43). Sono indicazioni forti dell’attualità dell’incontro con Gesù di Nazareth, non si tratta di ieri né di domani, ma è oggi l’incontro con Lui. Un incontro che non risulta mai fugace, non si tratta mai di un passaggio transitorio, ma piuttosto di un “rimanere”, “dimorare” di Gesù tutte le volte che si viene intercettati da lui. Lo stesso accade con i discepoli di Emmaus subito dopo la sua Resurrezione: “Egli entrò per rimanere con loro” (Lc 24,29).
Per incontrare Zaccheo, Gesù si “auto-invita” nella sua casa, simbolo di intimità e condivisione ma anche di compromissione in modo scandaloso con il suo peccato agli occhi del mondo. Gesù chiede a Zaccheo di essere suo ospite, entra in dialogo con lui e parla il suo linguaggio, lui che era abituato ad accogliere persone in casa propria per affari. Gesù incontra Zaccheo, l’altro, ogni persona, in quanto “uomo” come lui, e nonostante il peccato commesso, è capace di suscitare il desiderio di una vita nuova.
Tutto questo trova poi compimento nell’offerta che Gesù fa indistintamente a tutti: quella del perdono e della remissione dei peccati, esperienza universale di salvezza possibile per tutti sulla terra (Lc 1,77). E la buona notizia è che il perdono di Dio, di Gesù Cristo precede la nostra conversione; non è la conversione che provoca il perdono da parte di Gesù, ma è il perdono che può suscitare la conversione. La reazione di Zaccheo e tutto ciò che segue ne danno testimonianza. “Egli scese in fretta”, seguendo alla lettera le parole di Gesù, “e lo accolse pieno di gioia” (v.6), gioia che è un tratto che contraddistingue chi vive una forte esperienza salvifica (Lc 1,14; Lc 1,28) ed è anche una caratteristica della vita del discepolo di Gesù secondo Luca (Lc 6,23; 8,13).
Purtroppo però, come spesso accade, i “benpensanti” giudei, i cosiddetti “buonisti 3 incalliti”, mormorano e si lamentano dell’atteggiamento accogliente e misericordioso di Gesù verso i peccatori, “vedendo ciò, tutti mormoravano: è andato ad alloggiare da un peccatore!” (v.7). E già in altre occasioni Gesù aveva ben spiegato il senso della sua missione: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi” (Lc 5, 31-32).
La prima reazione a queste voci di condanna è di Zaccheo, che adesso sta in piedi e parla con risolutezza per dimostrare che desidera cambiare vita dopo avere incontrato Gesù. Innanzitutto, si rivolge a Lui chiamandolo “Signore”, e riconoscendolo nel suo ruolo di Messia, effettua la sua professione di fede. Zaccheo dichiara di donare metà dei suoi beni ai poveri: “io do la metà dei miei beni ai poveri e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto” (v.8), ben oltre il dovuto secondo la Legge, ma soprattutto rappresenta un gesto all’insegna della giustizia e della condivisione. Ed ecco la risposta di Gesù che conclude il brano: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa perché anch’egli è figlio di Abramo” (v.9), cioè non solo un uomo, ma è anche un membro della comunità di fede. La salvezza donata da Gesù di Nazareth nella vita e nella casa di Zaccheo ci rivela che, come è entrata quel giorno a Gerico, così può entrare ogni giorno nelle nostre esistenze.
A noi viene chiesto solo di aprire il nostro cuore all’annuncio che ha la forza di convertire le nostre vite: “il Figlio dell’uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (v.10), è venuto a offrirci di vivere con lui, anzi di venire lui a dimorare in noi. “Per Zaccheo e per tutti vi è un oggi di salvezza, quando il mai arreso inseguimento di essa è incontrato dal venuto da lontano a restituire gli stranieri a sé stessi. E nascono biografie personali, comunitarie e umane diverse, un novum sotto il sole, la novità di un ladro che restituisce quattro volte tanto e di un accumulatore che dà la metà dei suoi beni ai poveri. In questo sta l’alzarsi di Zaccheo, il suo camminare nella giustizia e nella condivisione: un oggi diverso, frutto di un incontro singolare” (Giancarlo Bruni, Il suonatore di flauto, Servitium 2012)
A cura di Luigi per la Comunità Kairos.
Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay