don Antonino Sgrò – Commento al Vangelo di domenica 30 Ottobre 2022

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31a Domenica del Tempo Ordinario

La vera conversione conduce al fratello

Dio, io, gli altri. La vita dell’uomo è attraversata da Dio e dal prossimo, ma ciascuno sceglie quanto coinvolgersi in queste relazioni che, se nella fase iniziale dell’esistenza sono offerte alla coscienza del soggetto, negli stadi successivi chiedono di essere scelte e vissute consapevolmente.

Gesù attraversa Gerico, la città inespugnabile, come il cuore dell’uomo che resiste alla verità e all’amore, e cerca cuori che lo ricevano lasciandosi purificare. Il passaggio del Maestro suscita l’interesse di Zaccheo, il ‘puro’, che però ha smarrito tutta la bellezza del nome e della vita: in quanto capo dei pubblicani, ha preso violentemente e impunemente beni altrui senza accorgersi che è rimasto preda della sua insaziabile avidità.

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Forse però sta cambiando qualcosa in lui; si lascia afferrare dal desiderio di incontrare un uomo diverso da tutta quella folla che non vede l’ora di restituirgli il male che egli le ha procurato. È un peccatore, più o meno consapevole di non avere le carte in regola dinanzi a Dio e al prossimo, ma è soprattutto «un uomo» che si fa guidare più dall’intuizione che dalla paura: «vedere chi era Gesù» diventa per lui un desiderio ancora povero ma autentico.

Quanto è importante seguire le proprie intuizioni e non scoraggiarsi dinanzi agli ostacoli frapposti dagli altri o anche dal mio essere «piccolo di statura» morale; persino un desiderio povero può trovare una risposta infinita quando è coinvolto Colui che «doveva passare di là», nel luogo in cui ti sei appostato. La nostra storia con Dio è esperienza di essere visti, di essere preceduti, perché il Signore cerca il «figlio di Abramo» nascosto in noi e per questo si è posto più in basso del piedistallo in cui ci eravamo innalzati.

Stavolta Zaccheo non ha scelto un piedistallo, bensì l’unico aiuto possibile per realizzare l’incontro desiderato, considerato che nessuno lo avrebbe ospitato sul terrazzo di casa. La nostra fortuna è che quando per gli uomini siamo spacciati, Cristo a differenza della massa non guarda il nostro peccato, ma ci offre la forza trasformante della sua Parola.

Davvero inaspettata è la parola che Gesù rivolge a Zaccheo: lo chiama per nome, gli comanda di scendere «subito», si invita a casa sua. Le prime due espressioni potrebbero nascondere una certa ambiguità: chiamandolo, lo espone al pubblico ludibrio o vuole farlo uscire dall’anonimato, instaurando con lui una relazione personale? Imponendogli di scendere, mostra l’autorità di un superiore o la tenerezza di un padre?

In realtà la terza parola svela tutto l’amore del Maestro, che domanda ospitalità a dispetto delle convenzioni e delle mormorazioni che non mancheranno di innescarsi. È questo il cuore del racconto: se Gesù avesse ‘approfittato’ per chiedere a Zaccheo in quella situazione favorevole di fare pubblica ammenda e di convertirsi, probabilmente non avrebbe ottenuto nulla. Domandando di essere accolto a casa del peccatore, Egli sfonda il muro del prevedibile e porta l’uomo a disarmarsi totalmente dinanzi ad una offerta incondizionata di amicizia.

La discesa «in fretta» e la «gioia» di avere Gesù in casa sono presentati in rapida successione, senza uno stacco temporale, quasi ad indicare che la scelta della conversione ci rende agili, capaci di compiere passi decisi che procurano una felicità prima sconosciuta. Le critiche arrivano puntuali e suonano come un giudizio di condanna inappellabile; Zaccheo se le aspetta, le ode, ma rende ragione della sua nuova condizione, stavolta senza prepotenza.

Si alza, come uno che risorge dalla situazione di peccato in cui versava, e pronuncia una professione di fede completa: chiama Gesù «Signore», dà ai poveri, andando oltre le richieste della legge, e restituisce il quadruplo, trasformando il denaro da strumento di separazione in mezzo di condivisione, per poter così incontrare i fratelli in giustizia e amore. L’annuncio solenne di Gesù, «oggi per questa casa è venuta la salvezza», è rivolto ad ogni peccatore convertito di qualunque tempo: solo «il Figlio dell’uomo» ti rende «figlio di Abramo», restituendoti la tua originaria verità e bellezza che il peccato aveva deturpato.

Vogliamo andare oltre il testo e porci un problema oggi assai diffuso: riuscirà Zaccheo a custodire la santità di questo incontro e della sua nuova vita? Assistiamo con tanta facilità a conversioni ‘mordi e fuggi’, a fiammate improvvise e percorsi interrotti. Zaccheo pone segni di rinnovamento: sta qui la differenza tra vera e falsa conversione. L’incontro con Dio si concretizza nell’incontro autentico coi fratelli.

Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si cantano. Commenti ai Vangeli della Domeniche dell’Anno C” disponibile presso:
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