Appello all’autenticità
Il vangelo oggi contiene una parola che ci ferisce nell’ascoltarla:“Non vi conosco … allontanatevi da me” (v. 25 e 27). Gesù risponde alla domanda di chi gli chiede chi si salverà e se saranno pochi a salvarsi con parole che racchiudono una durezza e una fermezza proprio verso chi gli dice di aver mangiato e bevuto alla sua presenza e ha ascoltato i suoi insegnamenti.
Perché queste parole? A chi si rivolge? Un tale chiede a Gesù e lui risponde loro: è un soggetto generico e allargato. Quindi possono essere parole rivolte a tutti e che raggiungono anche ciascuno di noi nel nostro oggi.
Perché Gesù è così netto? Che cosa non riesce ad accettare, che cosa vuole insegnarci e far emergere dalla nostra vita per farci aprire gli occhi e per farci cambiare rotta? Gesù parla di “operatori di iniquità”, di ingiustizia, ma per me egli non si rivolge solo a chi opera il male e compie opere ingiuste, ma vuole anche richiamarci sulla falsità, sulla nostra possibile non autenticità.
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“Non chiunque mi dice: Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). Gesù ci spinge ad essere veri e sinceri con noi stessi, con gli altri, con lui e a non essere doppi e falsi.
Un incontro con una coppia mi ha molto interpellato, insegnato, edificato. È grande chi sa perdonare e andare oltre il male che ha ricevuto, ma è altrettanto grande chi non nega il male che ha fatto e resta davanti all’altro con il proprio peccato, nudo e spogliato di tutto. Sono quasi due forze interiori opposte che devono essere messe in gioco da chi ha fatto il male e da chi lo riceve, ma tutte e due altrettanto vere, profonde e necessarie, perché se solo da entrambe le parti c’è questo cammino, e ciascuno ha il suo, è possibile la riconciliazione, la salvezza, il rinnovarsi del cammino, il futuro.
Allora Gesù ci vuole spingere e spronare ad essere veri e autentici, persone che non si nascondono dietro a una parvenza di buone azioni compiute, ma che sono coraggiose anche nel portare i propri peccati, i propri errori, perché questa forza di non nasconderci ci apre la strada per un incontro nella verità, nell’onestà e nella franchezza. Essere capaci di essere nudi, spogli, poveri davanti al Signore per attendere da lui la salvezza. Essere nudi, spogli, poveri davanti al fratello, alla sorella per poter attendere da lui o da lei l’abbraccio del perdono.
Le parole dure di Gesù vogliono essere un appello per la nostra vita, segno del suo amore che corregge chi ama e lo spinge verso la vita in abbondanza, profonda e feconda che non si ottiene a basso prezzo e che lui non vuole smettere di donarci.
sorella Roberta
Per gentile concessione del Monastero di Bose
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