Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.
LA RICETTA DELLA FELICITÁ
Il vangelo che leggiamo oggi è la continuazione del discorso della vite e dei tralci di domenica scorsa. Il contesto è quello dell’ultima cena, in cui Gesù rivolge ai suoi le ultime raccomandazioni prima di affrontare la passione. Lui e il Padre sono la vite e la linfa che nutre i tralci è lo Spirito Santo, cioè l’Amore che lega le tre persone della Trinità con i discepoli di ogni tempo. L’osservanza dei comandamenti è il modo per rimanere in Lui e, come il Maestro stesso ci ha rivelato, si riassume nell’unico precetto: ama. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Io sono contento di aver letto il Nuovo Testamento da ragazzo, prima che me lo facessero studiare in seminario, così da farmene una idea personale, non mediata dal filtro della scuola. Ebbene il versetto che ho appena citato è stato uno di quelli che mia hanno colpito di più, perché tradisce la sollecitudine del Signore per noi. Il suo comando non è espressione di una tirannia, ma la guida verso la gioia. Ci chiede di amarci come lui stesso ha fatto. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. È una totalità, un dare senza nessuna aspettativa di ricevere. Pensando a questa frase detta da Gesù, è naturale riferirla alla sua morte, per cui si potrebbe pensare a qualcosa di estremo, ma Gesù la sua vita l’ha data solo nel momento in cui è morto? Se ci pensiamo in realtà lui ha cominciato a darla nel momento stesso in cui è nato. Ha infatti rinunciato alle sue prerogative divine, alla sua infinita potenza, per diventare l’essere più indifeso: un bambino. Un bambino che non sa nutrirsi, difendersi, coprirsi, che ha bisogno di essere lavato, che dipende in tutto e per tutto dai suoi genitori. E ha accettato di essere uomo, una limitazione incredibile alla sua divinità, fino alla morte che ha offerto per noi, ma che è stata esito di un’ingiustizia terribile. Tutto questo ci rivela che la realizzazione di sé, il segreto della vera gioia, sta nel donarsi. Gli Atti degli Apostoli (20, 35) riportano in un discorso di Paolo un detto di Gesù: vi è più gioia nel dare che nel ricevere! In realtà è qualcosa che sappiamo. Infatti è gratificante essere solleciti e attenti verso le persone che amiamo. Rendere felice una persona cara è più bello che ricevere un regalo a nostra volta. Gesù ci chiama amici, si propone come un amico e si manifesta nel nostro prossimo. Ci chiede di amarlo negli altri, considerando ogni uomo come un fratello, non perché abbia bisogno del nostro amore, ma per offrirci il segreto della felicità.
Gv 15, 9-17
Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.