mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 16 Ottobre 2022

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La preghiera

La fede di ciascuno ha i suoi pilastri. Quelle verità che comprendono anche tutte le altre, ma che sostengono tutto l’edificio spirituale della persona. Per Karol Wojtyla era decisamente la Madonna; per Madre Teresa la presenza di Gesù nei poveri. I pilastri della mia fede personale sono l’Eucarestia e la preghiera e devo questo alla fede di mio padre per il quale l’Eucarestia e la preghiera erano tutto.

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Oggi il Signore ci parla della preghiera e sono felice di proporvi alcune riflessioni facendo eco alla Parola del Signore.

Per vincere bisogna pregare. È il messaggio della prima lettura che ci presenta Mosè in preghiera mentre il suo esercito sta combattendo contro gli amaleciti. Ci stupiamo perché la Bibbia è piena di battaglie e perché Israele è sempre in guerra. Dio lo glorifichiamo ogni giorno nella Messa come “Signore, Dio degli eserciti”. La ragione è semplice anche se non sempre evidente: la vita è una battaglia e siamo sempre in guerra. Il campo di battaglia è la nostra vita dove si combattono quotidianamente le più cruente battaglie, quelle contro le nostre passioni. Non è facile riconoscersi in stato di guerra, anche perché abbiamo scelto per noi stessi la pace ad ogni costo, siamo pacifisti ad oltranza e spesso si vive preferendo il compromesso col male alla guerra contro il male. Se la nostra vita è una città completamente espugnata dal demonio, anche lui si affanna meno a combattere con noi.

Invece la vita è lotta continua contro il male: in famiglia è lotta per la fedeltà, perdere la quale è la catastrofe; sul lavoro è lotta per l’onestà; nei rapporti è lotta per la sincerità; con Dio è lotta per la verità di tutta l’esistenza.

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Soltanto la preghiera può sostenerci in una situazione di guerra continua. Dio ci garantisce il suo aiuto e ci assicura la vittoria sui nostri nemici.

“Ti scongiuro… annuncia … dopo essere rimasto saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto”. La saldezza, la fermezza nelle convinzioni e la forza dell’annuncio sono frutto di una vitalità interiore che solo la preghiera può assicurare. I grandi geni cristiani sono tutti geni di preghiera, anzi stupisce la debolezza della loro natura con la grandezza delle opere che hanno compiuto. Ce lo spiega san Paolo nella lettera ai Corinti: “Quello che è stolto per il mondo Dio lo ha scelto per confondere i sapienti, quello che è debole Dio lo ha scelto per confondere i forti” e questo “perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio.”

È Dio che compie le opere grandi con i deboli. La preghiera, diceva La Pira, è quel canale che unisce la povertà dell’uomo con l’Onnipotenza di Dio.

“Pregare sempre senza stancarsi”. Fino a “diventare preghiera”, come avvenne per San Francesco. Ma come è possibile?

La preghiera è un’arte e dobbiamo impararla dai grandi maestri che hanno percorso questa strada prima di noi. Ovviamente maestri di tutte le religioni, perché è caratteristica di tutte le religioni avere il proprio cammino di preghiera, la propria scuola e i propri maestri. L’attività fondamentale di tutte le religioni è la preghiera, una religione in cui non si prega non è una religione, potrà essere un ente di beneficenza, una società di assistenza sociale, ma non una religione.

Come è possibile “pregare sempre” mentre abbiamo da fare altro, mentre dobbiamo lavorare? Sarebbe un guaio che un chirurgo, mentre opera, pensasse ai misteri del rosario o un insegnante, mentre insegna, mormorasse i salmi. Non è questo il modo, perché ogni lavoro ha la sua dignità. Anche se non è vero che tutto quello che facciamo è preghiera, è il modo con cui lo facciamo e il clima che viviamo. Ecco! Si tratta proprio di vivere un clima di preghiera. Un esempio può spiegarlo. Durante l’inverno non è necessario tenere sempre accesa la caldaia del riscaldamento, anche perché è proibito, ma quel tempo sufficiente per garantire quel tepore in tutta l’atmosfera della casa. Nel caso poi che la temperatura cali, basta riaccendere un po’ la caldaia. Così avviene per la preghiera: il tempo della caldaia accesa è quello che dobbiamo dare alla preghiera formale, il tepore è l’atmosfera spirituale che si vive dopo aver pregato. Questa tecnica spirituale è vera per tutti. Il Dalai Lama, ne “il libro della gioia”, in conversazione con Mons. Tutu, arcivescovo anglicano, racconta che si alza ogni notte alle tre e prega cinque ore prima di cominciare la giornata e che questa è la ragione della sua serenità e della gioia nonostante tutte le difficoltà della vita.

Un consiglio personale: organizza la tua giornata spirituale, dai il tempo che puoi alla preghiera e poi durante il giorno, quando ti trovi in aridità e hai perso il pensiero di Dio, prega così: “Vieni Santo Spirito, Veni Sancte Spiritus!”. Sii certo che lo Spirito viene e prega anche per te.

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