Dio o il denaro?
Se dovessimo mettere sui due piatti di una bilancia da una parte quello che Gesù ha detto in modo chiaro e deciso sulla questione delle ricchezze e dall’altra quello che ha detto sulle questioni del matrimonio e della sessualità, secondo voi cosa segnerebbe l’ago?
Leggendo bene il Vangelo così come ci è arrivato non ci son dubbi che il piatto della bilancia con gli insegnamenti riguardo ricchezze e beni non solo peserebbe di più ma farebbe rovesciare la bilancia da quella parte. Non si può certo dire che non ci siano insegnamenti del Signore che riguardano il modo di vivere le relazioni famigliari, d’amore e di coppia e sulla vita affettiva sessuale, e quello che si ricava dal Vangelo è davvero meraviglioso e illuminante, ma le parole a volte più dure e nette di Gesù con i suoi discepoli sono quelle riguardo la ricchezza e il potere che da essa deriva.
Nell’insegnamento del brano di Vangelo di questa domenica, Gesù risulta davvero spiazzante e disorienta non poco, perché vuole svegliarci dal torpore che ci assale spiritualmente quando parliamo delle cose materiali, e penso che le sue parole diventano un pungolo per tutti coloro che si definiscono suoi discepoli, a partire dal sottoscritto.
La sentenza finale che riassume tutto il senso del suo insegnamento è molto netta: “Non potete servire Dio e la ricchezza”. La trasformo subito in una domanda alla quale non posso sfuggire: di chi o di che cosa sono servo? Chi decide le mie scelte, cosa alimenta le mie preoccupazioni? Dio o i beni materiali?
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Non viviamo certo di aria e solo pochi di noi forse non sono mai stati preoccupati delle proprie finanze, e in questo tempo di crisi, prima per la pandemia e ora per la guerra, ci sentiamo tutti minacciati in un modo o nell’altro di diventare più poveri o addirittura di non arrivare a fine mese con le nostre famiglie. Quello che possediamo in un modo o nell’altro ci preoccupa sempre, a volte in modo davvero angoscioso.
Ma forse è proprio per questo che non dobbiamo sfuggire alla provocazione di Gesù che ci invita a domandarci davvero come cristiani se davvero seguiamo più quello che ci insegna la fede o quello che abbiamo in tasca. Di chi siamo davvero servi?
La parabola dell’amministratore disonesto, che viene incredibilmente lodato dal suo padrone, ci spinge a domandarci cosa davvero ci rende ricchi e “al sicuro” nella nostra vita sempre piena di problemi e precarietà. Gesù non vuole certo insegnare la disonestà, ma con questa strana parabola (lo sono un po’ tutte se ci facciamo bene… le parabole di Gesù non sono favolette della buonanotte) il Maestro ci racconta di un uomo che nell’imminenza di perdere ogni sicurezza economica e materiale sa che l’unica cosa che davvero conta sono le relazioni, le amicizie, l’accoglienza reciproca. Questo amministratore in procinto di licenziamento, con il poco tempo che gli rimane, “compra” amici, i quali quando sarà diventato povero non lo lasceranno certo per strada.
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Gesù provoca a domandarmi se nel conto delle mie ricchezze guardo solo al conto bancario o ai beni che possiedo, oppure conto anche quante amicizie e buone relazioni possiedo. Gesù mi provoca a domandarmi se nell’uso dei miei beni, pochi o tanti che siano, mi richiudo in un “tutto per me” oppure mi apro alla condivisione vera.
Le prime comunità di cristiani avevano come stile la condivisione dei beni in modo che nessuno fosse povero e lasciato solo. Se il “padrone” della mia vita è il Vangelo e non i beni, allora questi ultimi diventano il mezzo per creare relazioni, prendersi cura del prossimo, interessarsi del benessere dell’altro. Gesù insiste molto che le ricchezze non diventino il padrone del nostro cuore, per non farci vivere da schiavi. Se Dio diventa il nostro unico padrone, allora sì che saremo davvero ricchi e liberi.
don Giovanni
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)