don Paolo Squizzato – Commento al Vangelo del 18 Settembre 2022

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Per Gesù la ricchezza è sempre disonesta. E iniqua, in quanto si tratta di qualcosa d’accumulato sulla schiena dei poveri e ottenuta per esclusione degli ultimi. Fuori da ogni ingenuità: un’economia di opulenza richiede una politica di oppressione e per assicurarci il ‘nostro stile di vita’ è necessaria l’esistenza dei poveri. Nessuno – nei confronti della ricchezza – può dirsi puro, «nemmeno un eremita perché ci lascia nei guai per esserlo» (Balducci). Nessuno può chiamarsi fuori. «Siamo tutti responsabili di tutto» ricorda Dostoevskij. L’economia, lo vogliamo o no, è un fatto di tutti, ne abbiamo tutti le mani in pasta, ci attraversa, anche chi ha professato il voto di povertà. Chiunque venga al mondo riceve un codice detto ‘fiscale’. È il nostro numero di riconoscimento dinanzi agli uomini di questo mondo.

A questo punto la domanda: “Ma io oggi cosa posso fare?». La medesima che si pone l’amministratore infedele e corrotto della nostra parabola.

Gesù non ha mai detto di abbandonare il mondo e tanto meno di gettare via le proprie sostanze, ma di usarle in maniera ‘scaltra’ (cfr. v. 8). Questo mondo iniquo comincerà a dissolversi – forse – nel momento in cui si comincerà a vivere nella logica della condivisione, che dovrà divenire stile di vita non solo personale (e in questo supererà l’elemosina), ma famigliare, e poi di quartiere, cittadino, nazionale, mondiale. Attenzione: non è questione di dare, ma di condividere!

Le prime comunità cristiane impararono ben presto che a rendere compiuta e felice una vita non poteva essere la prassi religiosa interna ad una sinagoga, e neanche la cura del proprio ristretto nucleo famigliare, ma il mettere quanto posseduto in comune perché nessuno potesse dirsi bisognoso (cfr. At 4, 34), e di partecipare alla moltitudine la miseria dei propri ‘cinque pani e due pesci’ per poi sperimentare il miracolo che quel cibo solo perché condiviso può anche essere moltiplicato, divenendo così sufficiente per tutti (cfr. Mt 14, 17ss).

Una domanda: tutto questo è forse utopia? Sogno? Ingenuità? Probabilmente, ma qualcuno, a partire da Gesù di Nazareth ci ha creduto e l’ha vissuto, testimoniando che è la sola modalità di vita che permetterà agli uomini di vivere una storia più forte della morte, perché col sapore dell’amore e quindi capace di far vivere per sempre.

AUTORE: don Paolo Squizzato

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