CREDO IN UN SOLO DIO?
Dopo aver letto il vangelo di questa domenica viene da chiedersi: «Ma io sono davvero “cristiano”, cioè “discepolo di Gesù” oppure lo sono solo di nome?». Le parole del Signore sono davvero radicali: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo».
Chi può dire di amare Cristo più dei propri figli o dei propri genitori o della propria vita? Com’è possibile vivere pienamente queste parole?
Per rispondere, ricordiamo anzitutto che ogni domenica nel “Credo” diciamo: «Credo in un solo Dio… Credo in un solo Signore Gesù Cristo…». Ci rendiamo conto del significato di queste parole?
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Quando diciamo di credere in un solo Dio e Signore diciamo di appartenere totalmente a Lui: figli, genitori, fratelli, amici, beni mobili e immobili… la nostra stessa vita è un suo dono immeritato e non una proprietà! Eppure, anche nelle persone apparentemente molto credenti c’è il rischio di dare più importanza ai beni che al Benefattore e di confondere le opere con il suo Autore. Dio ci dona la vita, i familiari, gli amici e ogni altro bene e questo dovrebbe condurci a riconoscere con gratitudine la sua immensa bontà e ad abbandonarci nelle sue mani paterne. Ma il peccato ci porta su una strada opposta: le persone e le cose che amiamo divengono altrettanti “dèi” e “idoli” verso cui proiettiamo i nostri progetti e pretendiamo che Dio sia al nostro servizio per realizzarli. Su questa strada non c’è posto per la gratitudine gioiosa ma solo per le recriminazioni e per una continua insoddisfazione.
Se percorriamo questa strada la nostra fede cristiana è destinata a fallire – per riprendere le immagini impiegate da Gesù – come una torre incompiuta o una guerra persa. Decidersi per Gesù non è aggiungere una “proprietà” a tante altre ma scegliere di essere noi “sua proprietà” e benedirlo nella gioia in ogni tempo, perché egli dona e toglie sempre e soltanto per il nostro bene (cfr. Gb 1,21).
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