Enzo Bianchi โ€“ Commento al Vangelo del 4 Settembre 2022

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Se vuoi seguire Gesรน fai i tuoi calcoli

Dopo il pranzo a casa di uno dei capi dei farisei (cf. Lc 14,1-24), Gesรน riprende il suo cammino verso Gerusalemme, seguito da una folla numerosa. La sua predicazione ha successo, gli ascoltatori pronti ad accompagnarlo lungo la strada sono molti, ma Gesรน, che vuole accanto a sรฉ discepoli, non militanti, si volta indietro per guardare quella folla in faccia e rivolgerle alcune parole capaci di fare chiarezza e di non permettere illusioni o addirittura menzogne. Parole dure, che ci urtano e ci dispiacciono perchรฉ ci chiedono di combattere contro noi stessi, contro i nostri sentimenti naturali, e ci invitano a un distacco radicale da noi stessi.

Infatti Gesรน avverte: โ€œSe uno viene a me, cioรจ vuole stare con me, e non odia suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non puรฒ essere mio discepoloโ€. Gesรน mette in contrasto lo stare con lui e lโ€™amore famigliare, filiale, coniugale e fraterno, nonchรฉ lโ€™amore per la propria vita. Perchรฉ tanta radicalitร ? Semplicemente perchรฉ egli conosce il cuore umano, conosce il potere dei legami di sangue, conosce la possibilitร  che la famiglia sia una gabbia, una prigione. Lโ€™intenzione delle parole di Gesรน consiste nella liberazione, che egli vuole portare a ogni uomo e a ogni donna, da tutte le presenze idolatriche, da tutti i legami che possono impedire libertร  e vita piena, tra i quali รจ possibile annoverare anche legami e affetti di sangue e di famiglia.

Quanto alla paradossale espressione โ€œSe uno non odiaโ€ฆโ€, essa ha certamente un retroterra semitico, ma va intesa bene. Infatti viene tradotta correttamente: โ€œSe uno non mi ama piรน di quanto ami suo padre, sua madreโ€ฆโ€. Negli affetti รจ questione di ordine. Amare il padre e la madre รจ un comandamento della Torah (cf. Es 20,12; Dt 5,16), e Gesรน lo conferma (cf. Mc 7,9-13; Mt 15,3-6), ma puรฒ succedere che questo amore impedisca lโ€™adesione al Signore, la pratica della sua volontร , la sequela materiale di Gesรน. In tal caso i legami con la famiglia che trattengono, che contraddicono lโ€™adesione alla buona notizia, vanno addirittura odiati! Per il Regno Gesรน ha invitato ad abbandonare i genitori, i fratelli, le sorelle, i figli, la casa e i campi (cf. Lc 18,29).

La storia delle vocazioni cristiane conosce bene il verificarsi di conflitti e di sofferenze nelle famiglie, che a volte si ribellano alla vocazione del figlio o della figlia, e conosce bene anche le vocazioni abortite perchรฉ il legame con la famiglia รจ rimasto, anche nella sequela, piรน forte del legame con il Signore che la vocazione richiede. Certo, oggi la mondanitร  entrata anche nella vita ecclesiale, religiosa e monastica banalizza le relazioni tra chiamato e famiglia, cosรฌ che non si pone piรน un aut aut che indichi una rinuncia, una separazione necessaria per seguire con cuore unito il Signore.

Lโ€™esito รจ poi quello di chiamati che hanno una vita astenica, che sono โ€œtirati qua e lร โ€ (cf. Lc 10,40), mai veramente decisi a compiere un cammino imboccato con tutto il cuore: chiamati che, dopo un poโ€™ di cammino dietro a Gesรน, sentono la prepotente nostalgia della famiglia e dunque abbandonano la strada intrapresa. Misere vocazioni! In veritร  non possiamo amare tutti nello stesso tempo e allo stesso modo, ma solo dando ai nostri amori un ordine chiaro sappiamo dovโ€™รจ il nostro tesoro e dunque il nostro cuore (cf. Lc 12,34).

Dโ€™altronde, anche le dieci parole (cf. Es 20,1-17; Dt 5,6-22) richiedono come prioritario lโ€™amore per Dio, e quando Gesรน ricorda al giovane chiamato la Torah, รจ significativo che retroceda dal quarto allโ€™ultimo posto il comandamento โ€œOnora il padre e la madreโ€ (cf. Lc 18,20). Anche i leviti dovevano abbandonare la famiglia per essere assidui al Signore, e la comunitร  di Qumran richiedeva ai suoi membri un celibato che prevedeva anche la separazione dalla famiglia per essere vigilanti, con un cuore unificato, in attesa del giorno del Signore (cf. 4QTestimonia 14-20; cf. Dt 33,8-11).

Sรฌ, Gesรน chiede un atto, che lui stesso ha compiuto nei confronti della sua famiglia (cf. Lc 8,19-21), chiede una rottura che permetta un amore diverso, esteso, universale, un amore nel quale Dio ha il primato e la famiglia ha il suo posto, ma senza il potere di legare e di ostacolare il compimento della dinamica del Regno. Nello stesso tempo, amo ricordare che il nostro Dio, e dunque Cristo, non รจ totalitario: lโ€™amore che lui richiede non esclude altri amori, come quello coniugale o quello dellโ€™amicizia, ma questi vanno vissuti sapendo che lโ€™amore per Cristo รจ primario, egemonico, e gli altri amori non possono porre ostacoli, dilazioni e tanto meno contraddizioni a quello per il Signore.

Questo regime degli affetti รจ duro, costa fatica, ma รจ il โ€œportare la propria croceโ€, cioรจ il portare lo strumento di esecuzione del proprio io philautico, egoista. Ognuno ha una propria croce da portare, nessuno ne รจ esente, ma non si devono fare paragoni. Gesรน, infatti, sa che quanti lo seguono fedelmente si troveranno coinvolti anche nella sua passione e morte, quando egli porterร  la croce. Si tratterร  di imparare da Gesรน, quando egli parla, agisce, ma anche quando sarร  condannato, torturato e ucciso nellโ€™ignominia della croce. Essere discepoli di Gesรน non รจ lโ€™esperienza di un momento (cf. Mc 4,12-13; Mt 13,20-21), non รจ un provare per verificare, ma รจ la decisione di rispondere a una chiamata, รจ un โ€œamenโ€ che va detto con ponderazione, con discernimento, senza obbedire alle emozioni del momento.

Per questo Gesรน annuncia due parabole che suonano come un avvertimento, una messa in guardia: egli non fa propaganda per le vocazioni, ma piuttosto dissuadeโ€ฆ Avremmo molto da imparare da questo atteggiamento di Gesรน, soprattutto quando la scarsitร  di vocazioni ci angoscia e ci fa paura: cattiva consigliera questโ€™ultima, che spinge ad accogliere tutti con molta superficialitร  e a non riconoscere e comunicare le difficoltร  oggettive della sequela di Gesรน. Con la prima parabola Gesรน avverte: โ€œChi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa, per vedere se ha i mezzi per portare a termine i lavori?โ€. Seguire Gesรน โ€“ e si faccia attenzione a una lettura poco intelligente dei racconti evangelici di vocazione! โ€“ richiede non il fuoco di un momento, non lโ€™entusiasmo, non solo โ€œlโ€™innamoramentoโ€, ma anche un tempo di calma, di silenzio, di esame di se stessi.

รˆ lโ€™azione del discernimento, difficile ma assolutamente necessaria per percepire la voce del Signore non fuori di noi, non soltanto nelle eventuali parole di un altro, ma nel nostro cuore piรน profondo, lร  dove Dio ci parla personalmente. Ascoltando il profondo, la propria intimitร , discernendo la parola di Dio dalle altre parole che ci abitano, guardando con realismo a ciรฒ che siamo e alle nostre possibilitร , noi possiamo giungere a una scelta; magari facendoci aiutare da chi รจ piรน avanti di noi nella vita secondo lo Spirito, ma sempre coscienti che lโ€™amen puรฒ solo essere nostro, personalissimo, e un amen per sempre, non a tempo o con scadenza!

Similmente la seconda parabola avverte che occorre misurare bene le proprie forze, per vincere quello che รจ un combattimento spirituale senza tregua, fino allโ€™ultimo. Perchรฉ la sequela di Gesรน esige la capacitร  di fare guerra contro il nemico, il diavolo che ci tenta e vorrebbe farci cadere, spingendoci ad abbandonare la sequela stessa. Dunque il chiamato lo sa: ascoltata la parola di invito, deve innanzitutto โ€œstare fermoโ€, rimanere in solitudine e in silenzio (cf. Lam 3,28) per discernere bene cosa ha ascoltato e cosa il cuore gli dice; poi deve consigliarsi (come dice letteralmente il verbo bouleรบomai); infine deve pervenire alla decisione personalissima, fidandosi soltanto della grazia del Signore.

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Insomma, deve sapere che la vita cristiana รจ una lotta, una battaglia dura e faticosa contro le tentazioni del demonio: una lotta che dovrร  essere perseveranza, coraggio e invocazione della fortezza, questa virtรน che รจ dono dello Spirito santo. Al chiamato non spetta solo iniziare, ma anche portare a compimento, con lโ€™aiuto della grazia, che non รจ mai negata a chi la invoca e la cerca con cuore sincero.

Gesรน aggiunge poi una parola non presente nel brano liturgico, ma collegata con quanto precede. Egli dice che accade per una storia di vocazione quello che accade per il sale: โ€œIl sale รจ buono, ma se perde la capacitร  di salare, a cosa potrร  servire? Lo si butta via!โ€ (cf. Lc 14,34-35). Allo stesso modo una vocazione puรฒ essere buona, ma nella vita puรฒ essere contraddetta, abbandonata, e allora quella resta una vita sprecata.

Diceva il mio padre spirituale: โ€œQuando qualcuno pensa di incrementare il numero di vocazioni nella chiesa, e impone la vocazione agli altri, non crea dei santi ma solo delle persone miserabili!โ€.

Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi