I rimproveri che Gesù rivolge nel Vangelo di oggi sono un toccasana per certi cortocircuiti religiosi che delle volte ci prendono come credenti. Infatti ci sono dei momenti in cui non sembriamo cristiani ma sembriamo solo presi da deliri religiosi in cui trasformiamo la religione nell’alfabeto delle nostre frustrazioni, e delle nostre nevrosi, usando i riti, le preghiere, e la morale solo per farci male o fare del male.
Ci comportiamo come quelle volte in cui mettiamo in maniera simmetrica le nostre matite sulla scrivania e i nostri libri in ordine d’altezza nelle librerie pensando che così siamo delle persone migliori, non accorgendoci che certi “rituali” dicono il livello altro delle nostre nevrosi e non la bontà del nostro animo. Lo dico spesso, non siamo cattivi, ma siamo degli specialisti nel camuffarci, nel nasconderci, nel non guardare la realtà in maniera autentica. Allora ogni tanto fa bene che Gesù alzi un po’ la voce con noi e ci minacci con un suo “guai a voi”.
È come una forma di esorcismo che ci fa svegliare dai nostri torpori e dall’uso sbagliato della fede. Bisogna sempre diffidare da tutte quelle volte che crediamo a tal punto che non vogliamo ascoltare ragioni. La fede non deve farci perdere di vista l’ovvio, le persone accanto, la dignità delle persone, l’uso della testa. La fede rende tutte queste cose più efficaci e non certo le rottama. Se le rottama diffidate. Se la nostra religione è celebrare qualcosa che ci mette fuori dalla terra, allora non è la fede in Gesù Cristo che innanzitutto si è incarnato per salvarci.
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La logica dell’incarnazione è la logica di chi comprende che lo spazio e il tempo, cioè le situazioni concrete che viviamo, sono l’occasione che ci viene data per rendere davvero culto a Dio. Giocare con il sacro o eludere le circostanze può farci apparire furbi, ma davanti a Dio nessun cuore è nascosto e a poco servono le performance dei furbi. Davanti a Dio non regge nessuna maschera, meglio quindi cederla velocemente alla sua Misericordia.
Commento del 2018 – Fonte: Fede 2.0
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco | PAGINA FACEBOOK