d. Giacomo Falco Brini – Commento al Vangelo di domenica 31 Luglio 2022

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RAGIONARE SENZA O CON DIO?

Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità, dice a Gesù un tale tra la folla che lo circonda (Lc 12,13). Non è forse una richiesta legittima? Non dovrebbe essere così tra fratelli? Il Signore però si defila dalla domanda (Lc 12,14). Perché? Si rifiuta di fare da mediatore patrimoniale? La sua risposta è da considerarsi un disprezzo della ricchezza? Tutt’altro. In sé, la richiesta è legittima e umanissima istanza.

Ma la sua pretesa è ambigua. Gesù intuisce che può nascere non da un desiderio di ricevere quanto è giusto per la propria vita e quella dei familiari, bensì dalla paura di essere sopraffatti dall’altro erede nella ricchezza, oppure dalla malcelata volontà di avere di più. In questo tipo di vicende, dove la paura o l’avidità dominano i cuori umani, Gesù non ha niente a che fare. Da notare però che lo si vorrebbe dalla propria parte per la difesa dei propri interessi: di’ a mio fratello. Ecco uno dei motivi per cui, per tanti che si trovano in questo atteggiamento, Gesù è solo un Dio deludente. Egli invece, che ha a cuore la nostra salvezza, sfrutta la richiesta per lanciare un salutare appello.

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Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, ammonisce il Signore (Lc 12,15). Già, perché domenica prossima ci dirà pure che là dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore (Lc 12,34). Dunque un serio pericolo alla vita dell’uomo viene dall’affetto alla ricchezza. Essa può diventare inesorabilmente il dio (falso) della propria vita, come accade al ricco personaggio della parabola che Gesù racconta. Il Signore invita a osservare la riflessione provocata in quell’uomo dall’abbondanza del raccolto (Lc 12,16).

Un uomo che non interpreta la sua vita come un dono del Padre da condividere con gli altri fratelli (cfr. la preghiera del Padre nostro), la interpreterà come una proprietà da difendere con tutti i beni annessi e connessi. Il suo pensiero sarà dunque orientato a mantenere a tutti i costi la propria abbondanza, facendola crescere, ma solo per sé. E qui sta l’inganno. Le parole che costui dice tra sé, hanno come bersaglio solo e soltanto sé stesso. Se ci fate caso, nella parabola campeggiano parole come i miei raccolti, i miei magazzini, i miei beni, anima mia. L’aggettivo possessivo “mio” la fa da padrone. Non c’è spazio per gli altri che non sono mai citati, se non alla fine da Dio, che li richiama alla coscienza di quell’uomo chiamato stolto (Lc 12,20).

Se per l’uomo che non conosce (e non si pone il problema di conoscere) Dio quel ragionamento può sembrare logico o saggio, per la Bibbia invece è stupidità. C’è un salmo terribile che dice: l’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono (Sal 48,13). Come dire: chi si affida alla propria ricchezza, giunge a perdere la dignità del suo essere umano. Con una parabola ancora più eloquente Gesù ce lo spiega meglio al capitolo 16 del vangelo di Luca (Lazzaro e il ricco epulone).

Si tratta di un tema molto caro all’evangelista. Il problema dell’uomo sta tutto nel decidere quale dio vuole servire, in quanto nessuno può servire due padroni, perché o odierà uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire Dio e la ricchezza (Lc 16,13). Inoltre, non è solo un problema di libertà, ma di verità. Perché in fondo, cosa promette a sé stesso il ricco della parabola mettendo in atto il proprio ragionamento? Promette alla propria anima molti beni, molti anni, riposo, sazietà e divertimento (Lc 12,19). Sarà così? Un tale ragionamento che cerca vita e felicità in questo modo, mantiene ciò che promette?

Io conosco un uomo con una sorella che gli ha piantato una calunnia addosso, accusandolo di aver falsificato il testamento di uno zio. Quest’uomo cristiano soffre per l’offesa che subisce da tempo e che lo ha costretto ad andare in tribunale. Ha cercato di dialogare con lei in tutti i modi, non le porta alcun rancore e mi ha confidato che è già pronto a rinunciare alla sua parte di eredità, anche se il tribunale umano dovesse riconoscergli l’ingiustizia subita. Non riesce a capire come sua sorella gli si sia rivoltata contro, ma “è sempre sua sorella” – mi dice – e allora è molto preoccupato per lei più che per i soldi a cui rinuncerà. E mentre sua sorella non ha pace e continua a spargere tra tutti i conoscenti comuni la sua “pseudo-verità”, per paura di non arrivare a prendersi quello che vuole, suo fratello invece emana dalla sua bocca e da tutto il suo essere una pace misteriosa.

Perché ragionare seguendo la propria cupidigia non solo ti rende nemico tuo fratello, ma alla lunga ti si ritorce contro. Senza Dio, ogni ragionamento diventa irragionevole e fa compiere il male. E si arriva persino a spaccare la propria famiglia, pur di averla vinta. Cosicché qualsiasi eredità, anziché assicurare una esistenza serena e riposante, trasforma la vita in un inferno. Questo è quello che fa la ricchezza diventata “dio” nel cuore umano: alla lunga o improvvisamente, il suo inganno verrà a galla e lo priverà anche della vita felice che cercava spontaneamente (Lc 12,21).


AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI