don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 13 Luglio 2022

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PICCOLI NEL PIU’ PICCOLO PER GUSTARE LE COSE DEL CIELO E RIVELARLE A TUTTI SULLA TERRA

Solo chi accetta di essere piccolo per adagiarsi sugli spazi angusti della Croce può intuire l’ampiezza infinita dell’amore celato in essa. Solo nella piccolezza del figlio si può ascoltare e accogliere la Parola di Gesù che trasforma la vita in esultanza benedicente come la sua.

Siamo piccoli, nonostante ci atteggiamo a grandi. Non a caso, sono proprio i bambini che imitano i grandi. Così anche noi, adulti per l’anagrafe, ma con un inguaribile cuore di bambini, ci trucchiamo, mascheriamo, cercando di sollevarci una spanna sugli altri, per apparire maturi, saggi, affidabili. I migliori insomma. Quando scopriamo d’essere così, quando i nostri figli cercano l’indipendenza, quando i pensieri ci vogliono spingere verso una stolta autonomia, non c’è nulla di strano e di cui stupirci.

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E’ vero, siamo infantili, capricciosi come i bambini. Siamo “piccoli”. Bene, quando gli eventi e le persone ce lo mostrano senza lasciarci scampo, è il momento propizio per accettare d’esserlo, senza giudicarci e disprezzarci. Occorre solo fermarsi e non ricominciare a scappare e a metterci baffi e barba finte o quintali di rossetto e fondotinta. Quando la storia ci smaschera è una “benedizione”. Benedetti i giorni così come “piacciono” a Dio, perfetti per la nostra conversione alla santità.

Benedetti coloro che non ci lasciano navigare tranquilli a cento metri d’altezza; benedetta nostra moglie quando ci dice la verità e ci scopre a cercare consolazioni effimere di carne malsana davanti al computer; benedetto nostro marito quando ci svela intrappolate nella vanità; benedetti i genitori che sanno rimproverare e richiamare alle responsabilità e all’obbedienza i propri figli; benedetti i mal di denti che ridimensionano i muscoli cesellati in palestra; benedetto il capoufficio che non ci fa sentire unici e indispensabili; benedetta la fidanzata che ci richiama al rispetto; benedetto chiunque incarna il vignaiolo che ci viene a potare perché, “rimpiccioliti”, possiamo dare più frutto.

Solo allora, spogliati della presunta grandezza, saremo capaci di prestare ascolto alle confidenze del Signore, le Parole con le quali ci rivela i misteri del Regno, ci fa conoscere suo Padre, ci mostra la porta stretta attraverso la quale si può entrare nella pace. Dove c’è già qualcosa di “grande”, la “sapienza” e l'”intelligenza” della carne, non c’è spazio per la “grandezza” delle “cose” di Dio e di Gesù. La Trinità si ferma dinanzi alla superbia, si “nasconde”, tace e occulta i suoi segreti. Solo chi è piccolo per adagiarsi sugli spazi angusti della Croce può intuire l’ampiezza infinita dell’amore celato in essa; è così che vanno le cose con Dio, solo alle frequenze bassissime, impercettibili Egli può comunicare se stesso; solo nella piccolezza alla quale Dio conduce gli apostoli si può ascoltare e accogliere la sua Parola ed essere rapiti nell'”esultanza benedicente” di Gesù che trasforma la vita in un rendimento di lode nella comunione intima della Trinità.

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Padre Figlio e Spirito Santo attendono solo di donarsi ai piccoli per colmarli dell’amore che li unisce. Finalmente piccoli, finalmente così come siamo, mettiamo, come Giobbe, la mano sulla bocca, e impariamo il silenzio stupito dell’infante. E’ tutto troppo più grande di noi. Non sappiamo. Non conosciamo. Non capiamo. Accettiamolo. Conosciamo Dio per sentito dire, impariamo a conoscerlo attraverso gli occhi di un cuore puro, piccolo, infante. Tu ed io, oggi, siamo “quelli ai quali” il Padre “vuole rivelare suo Figlio”. Scopriremo che, nella nostra vita, anche quando l’evidenza che ci sfiora la pelle e ci fa tremare il cuore ci dice il contrario, “tutto è stato dato a Gesù”.

Nulla di noi, neanche il momento più buio, è fuori del suo controllo amorevole: “tutto” è suo, nulla escluso. E in questa esperienza del suo potere infinito, della misericordia che “tutto” copre e “tutto” perdona, conosceremo il Figlio, una persona viva, un fratello che non ci giudica mai, un pastore che ci cerca senza stancarsi. Non è la carne, non è la volontà umana, non sono gli sforzi a farci “conoscere il Padre”: “nessuno se non il Figlio” e ciascuno di noi ai quali, nella Chiesa e per pura Grazia, giorno per giorno, ci rivela la bellezza e la pienezza di una vita da figli liberi, perdonati, sanati, amati.

Come aveva sperimentato Francesco, che si sentiva “il più piccolo e più vile tra i frati”, e per questo ha conosciuto Cristo sino a diventargli conforme, crocifisso nel suo amore infinito.

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