“Usciti costoro, gli presentarono un muto indemoniato. Scacciato il demonio, quel muto cominciò a parlare”. Tra i sintomi più diffusi dell’opera del male dentro la nostra vita, c’è il “mutismo”.
Ovviamente il mutismo a cui mi riferisco non è una questione meramente fisica, ma è l’incapacità ad aprirsi, a raccontare, a condividere. La cosa peggiore che possa capitarci nella vita non è sbagliare, o soffrire, o trovare difficoltà, ma è non riuscire a comunicare quello che si vive, quello che si pensa, quello che si prova, quello che si è fatto, quello che ci è capitato. In quella solitudine, che il male tenta di giustificare attraverso una sensazione di vergogna, o di indegnità, o di pregiudizio di incomprensione, si consuma la vera anticamera dell’inferno.
Questo è il motivo per cui ogni vera guarigione interiore, o liberazione, o cambiamento, nasce sempre dalla guarigione della parola, della comunicazione. Per mettere in scacco matto il diavolo bisogna “parlare”, dire tutto, sapersi consegnare, accendere una luce nel buio, spalancare le porte della nostra personale cantina. Bisogna vincere le resistenze personali, bisogna avere il coraggio di dire, e solo così ci accorgeremo che solo per il fatto di averlo detto, la gran maggioranza del nostro problema è già risolto.
Sarà questo forse il problema della nostra società, in cui siamo eternamente connessi ma siamo ormai incapaci di comunicare veramente tra di noi. Il bisogno più grande della gente è quello di essere ascoltata. Nel mondo attuale ci sono categorie di mestieri fondati proprio su questo bisogno. La gente è disposta anche a pagare pure di essere ascoltata.
“Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!»”.
Mi piace pensare che Gesù ci chieda di partecipare alla compassione che prova per tutta questa gente chiedendoci di fare un solo miracolo: ascoltare.