Fraternità Gesù Risorto – Commento al Vangelo di domenica 3 Luglio 2022

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Iª lettura Is 66,10-14 
dal Salmo 65 
IIª lettura Gal 6,14-18 
Vangelo Lc 10,1-12.17-20

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La prima lettura è un canto di gioia, un invito a rallegrarsi per le promesse che Dio rivolge al suo popolo. Il profeta Isaia risolleva le sorti della sua gente che sta sperimentando l’esilio e la schiavitù, con tutte le sofferenze di cui questi eventi sono carichi. È una buona notizia, un “vangelo” nel vero senso della parola. Sono in vista le consolazioni più belle con la prospettiva di un futuro di pace, di comunione, di serenità.

Questa pagina prepara il fatto evangelico, dove assistiamo alla realizzazione di quelle promesse. È Gesù infatti colui che porta a compimento la Parola di Dio. Questa volta egli non si muove, ma invia i suoi discepoli, e ne sceglie addirittura settantadue! Questo numero ci fa attenti al fatto che in Gesù si compie la Scrittura. Egli è il vero Mosè, la vera guida del popolo di Dio, guida incaricata di accompagnarlo verso la meta definitiva. Mosè si era fatto aiutare da settantadue anziani per il compito di tenere unito il popolo e di insegnargli l’obbedienza ai comandamenti di Dio. Gesù si fa aiutare da settantadue discepoli per annunciare il vangelo, o meglio per preparare i cuori all’incontro personale con lui. Ora che Giovanni il Battista non c’è più, vengono incaricati altri ad annunciare l’arrivo del Signore. Il fatto che gli inviati siano in numero considerevole ci lascia intuire che il Signore voglia incaricare tutta la Chiesa a questo compito. Egli comunque vuole incontrare direttamente ogni persona, perché è lui l’unico salvatore.

I discepoli ricevono le indicazioni per l’incarico loro affidato. La prima raccomandazione è che si tengano in atteggiamento di preghiera. Se essi saranno capaci di annunciare il regno è dono di Dio. Se altri si aggiungeranno per lo stesso scopo, è dono del Padre. Essi non dovranno allontanare lo sguardo dal Padre, né compiacersi di se stessi e del proprio ruolo. Anch’essi sono dono di Dio per gli uomini cui annunciano la presenza di Gesù, Figlio di Dio. Preghiera e umiltà devono essere il loro vestito.

Saranno poi ovunque “come agnelli in mezzo a lupi”. Gesù sa che incontreranno difficoltà e odio, disprezzo e persecuzione. Egli non si lascia scoraggiare da questa dura e difficile realtà: li manda comunque. Il frutto della loro missione è più prezioso del loro benessere e della loro stessa incolumità. “Come agnelli in mezzo a lupi”: non possiamo mai dimenticare questa espressione di Gesù. Essa vale non solo per i missionari, ma per ciascuno di noi. Siamo mandati tutti da Gesù a vivere e donare il suo amore e la sua Parola. Lo faremo con mitezza, senza cambiare la nostra identità. Siamo uniti a lui, agnello di Dio venuto a togliere il peccato del mondo. Uniti a lui portiamo anche noi il peso del peccato di tutti, non solo del nostro. Nostra forza sarà l’unione con lui, con Gesù: non ci occorrono le cose materiali. Non è l’essere forniti di tutto che attira a Gesù i cuori degli uomini, ma la nostra testimonianza che solo il Signore riempie il nostro cuore e che null’altro ci dà gioia e null’altro ci preoccupa.

L’arrivo di Gesù viene preparato sia dall’annuncio del suo regno come pure da gesti di amore verso le persone più deboli e abbandonate, in particolare verso i malati. I discepoli di Gesù non avranno paura a toccarli, come chi teme di diventare immondo. L’amore per l’uomo sta al di sopra di tutte le paure. Altra raccomandazione è di non perdere tempo: se qualcuno non vuole ascoltare e si disinteressa della sua venuta, non bisogna addolcire il messaggio per farlo accogliere comunque. Si lasceranno quelle persone alla loro libertà affidandole alla pazienza di Dio.

E se qualcuno invece accoglie le parole dei discepoli, questi non si vanteranno, né si inorgogliranno, né si fermeranno a considerare l’esito del loro lavoro. Esso appartiene a Dio. Essi godranno sempre e soltanto dell’amore del Padre per loro: “Rallegratevi che i vostri nomi sono scritti nei cieli!”.

Di questa gioia ci dà esempio San Paolo scrivendo ai Galati: con loro egli si vanta di essere discepolo di Gesù crocifisso, di soffrire con lui, di somigliargli anche nell’essere rifiutato e giudicato dagli uomini. Unito a Gesù egli fa esperienza di una vita nuova, diversa. Con lui è diventato nuova creatura, che non ha bisogno di meriti accumulati con la propria fatica, perché può contare già sui meriti della croce di Gesù!

Accogliendo l’invito del Signore a rallegrarci dell’amore del Padre, diremo col salmista:

«Stupende sono le tue opere! A te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome.

Venite e vedete le opere di Dio, … in lui esultiamo di gioia!

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