Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
La gioia del perdono
Il capitolo 15 è una perla narrativa del vangelo di Luca il cui fascino traspare dalla gioia che pervade i racconti. L’evangelista l’introduce evidenziando il fatto che i pubblicani e i peccatori si avvicinano a Gesù per ascoltarlo mentre gli scribi e i farisei, emblema degli uomini religiosi in Israele, mormorano. Questi ultimi hanno di Dio un’idea sbagliata perché lo immaginano, e lo presentano, come un freddo giudice che condanna il colpevole e assolve l’innocente o come un re che fa giustizia eliminando dal paese tutti gli empi e i peccatori.
La replica di Gesù alla loro mormorazione è affidata a tre racconti, due piccole allegorie e una parabola. Nella prima, che è anche il brano evangelico scelto dalla liturgia odierna, il protagonista è il pastore di cento pecore che va in cerca di una di esse che si era smarrita. È un’allegoria che ha chiaramente qualcosa di paradossale. Infatti, Gesù domanda: chi di voi? E la risposta sarebbe nessuno! Nessun uomo lascerebbe novantanove pecore, cioè le sue sicurezze, per andare in cerca di una sola perduta. Eppure, il pastore di cui parla Gesù non solo rischia per la sola pecora smarrita, ma una volta trovata con gioia se ne prende cura e la riporta a casa coinvolgendo nella festa anche gli amici e parenti. Il motivo è chiaro: ho ritrovato la mia pecora!
Quella ritrovata e salvata da morte sicura non è solo una pecora del suo gregge, ma “la mia pecora”, quella a cui si sente ancora più legato. Quanto distante è l’immagine di Dio che hanno gli esperti della religione da quella che Gesù propone. La differenza sta nell’amore che non è un fatto concettuale o emozionalistico legato al piacere. Amare nel linguaggio umano è spesso sinonimo di piacere, gradimento, soddisfazione. In Dio amore significa passione per l’uomo, compassione per la sua sofferenza, movimento di uscita verso l’altro, rischio e dolore, iniziativa, creatività e coinvolgimento.
La gioia di Dio sgorga da un cuore caldo, tenero, che sa adattarsi alle crisi senza perdere la fiducia in chi si ama. Come il pastore, anche Dio non si rassegna all’allontanamento anche solo di una delle sue creature. Facile immaginare il contenuto della mormorazione degli scribi e dei farisei: cosa ci troveranno di così interessante in questo Gesù tanto da ascoltarlo con attenzione. Ciò che affascina è proprio la gioia di Dio che traspare dalle parole, dai gesti e dal corpo stesso di Gesù.
Sono loro, infatti, gli invitati alla festa. Tutti siamo chiamati ad essere amici di Dio e a partecipare alla gioia della riconciliazione e della comunione ritrovata. Culmine della conversione è la festa organizzata dal Signore; la cena dell’Agnello. I peccatori potrebbero essere bloccati dal senso di colpa e di indegnità, mentre i “giusti” potrebbero chiamarsi fuori per non contaminarsi con gli altri. In verità, tutti siamo chiamati a conversione per gustare la gioia del perdono.
Signore Gesù, buon Pastore che vieni a cercare chi si è perduto nel peccato e gioisci quando lo riabbracci nel perdono, ti ringraziamo perché non ti stanchi mai di farti prossimo a noi peccatori e di accoglierci con amorevolezza per restituirci la dignità e la libertà. Donaci l’umiltà di lasciarci trovare e curare da Te; guariscici dalla presunzione di salvarci da soli e dall’arroganza con cui giudichiamo senza pietà i fratelli. Rendici docili all’azione educativa dello Spirito affinché, guidati da Lui, possiamo trovare sempre la strada che ci riporta a casa lì dove ci chiami a partecipare alla gioia della riconciliazione e della comunione fraterna.