Il Vangelo di questa domenica del Tempo Ordinario è molto ricco di spunti e di contenuti. Proviamo ad ascoltarlo e per intuire come può illuminare questa settimana.
“Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme …” E’; una delle poche volte che la parola decisione viene usata nel Vangelo per esprimere quello che Gesù vuole fare, questo dice l’incisività di questo passaggio. Andare a Gerusalemme significa consegnarsi nelle mani degli uomini, entrare nella “pasqua”, morire e risorgere il terzo giorno, salire al cielo e donare lo Spirito; tutto questo per la salvezza dell’;uomo, secondo la volontà del Padre. Allora possiamo affermare che Gesù, con questa ferma decisione, ci sta dicendo che è il Verbo “rivolto” al Padre (cfr Gv1,1).
La prima reazione che questa decisione incontra è un rifiuto, un’opposizione. A differenza dei discepoli, che reagiscono in modo violento, Gesù pare mettere in conto il rifiuto e non lo condanna, lo rispetta, ma non si lascia condizionare. Qui possiamo interrogarci su cosa sostiene le nostre decisioni e su che cosa le mette in crisi, per chiarire a noi stessi verso dove stiamo orientando la nostra vita: siamo pellegrini con una meta o vagabondi?
La meta di Gesù è il Padre, è il destino, ma anche il principio, la sua modalità di procedere è ben descritta dal salmista: ”Io pongo sempre innanzi a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare… mi indicherai il sentiero della vita…”.
Seguono una serie di incontri che esprimono bene che per seguire Gesù, a questo punto della sua missione, è necessaria la sua stessa determinazione, ne ha fatto esperienza Chiara d’Assisi infatti nella seconda lettera ad Agnese di Praga scrive: “Tieni sempre davanti agli occhi il punto di partenza. I risultati raggiunti, conservali; ciò che fai, fallo bene; non arrestarti; ma anzi, con corso veloce e passo leggero, con piede sicuro, che neppure alla polvere permette di ritardarne l’andare, avanza confidente e lieta nella via della beatitudine che ti sei assicurata”.(FF2875) Tutto questo ci fa capire di che “libertà” parla San Paolo nella seconda lettura.
Inizio e compimento, in un certo senso, coincidono quando si segue Gesù, il Battesimo che ci innesta al suo Corpo, è il compimento della nostra umanità, ma questo avviene attraverso il sacrificio dell’uomo vecchio, della natura egoista e egocentrica, del “proprium”.
Seguire Gesù è una decisione che impegna tutto dell’uomo, non solo qualcosa e in qualche momento, non per un successo e una riuscita immediate, come oggi siamo tentati di cercare sempre. Gesù non pare preoccupato di ammaliare chi lo vuole seguire con facili miraggi, pare piuttosto deciso a proporre la sua stessa prospettiva, quella dell’Amore che va oltre la morte e la sconfigge, proprio perché non la evita. Mi pare qui il senso dell’invito “…Tu invece va e annuncia il regno di Dio”.
La fine del Vangelo ci ripropone il tema della direzione, come all’inizio, ma in un contesto rivolto a noi. Mi riempie di stupore accorgermi che Gesù, mentre per amor nostro va con decisione verso la morte e non condanna chi lo rifiuta, a noi, che sa essere piccoli e fragili, chiede tutto, ma nella misura che possiamo fare nostra. L’affermazione: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio» piuttosto che un giudizio mi risuona come un caloroso invito a mantenere la “rotta”, per non “peccare” cioè per non mancare il “bersaglio” di una vita piena e della salvezza.
L’indicazione e l’esempio sono efficaci: se chi ara si volta indietro guasta il solco e deve rifare tutto per non compromettere il raccolto, non dobbiamo fare cose straordinarie, ma in quelle che la vita ci affida dobbiamo esserci con lo sguardo fisso sull’”oltre”, cioè sull’Amore di cui possiamo essere strumenti nel qui e ora, con ciò che siamo, che abbiamo e che facciamo.
Sr. Cristiana, Monastero di Leivi – FONTE
Photo by Dan Meyers on Unsplash