Signore, Signore: le parole sono menzogne con le quali costruisco muri per impedirmi di incontrare me stesso e di incontrare di conseguenza le persone accanto a me; le parole sono specchio che riflette meticolosamente chi sono e mi regalano l’opportunità di lasciarmi trovare da chi vuole accarezzarmi o di affrontare a viso aperto chi mi contrasta. Le parole assomigliano a un labirinto: in esse posso perdermi e perdere l’appuntamento con la verità che mi abita oppure posso seguire faticando la via dell’autenticità.
Mi scopro in dialogo con me stesso, e in questo dialogo sperimento la possibilità duplice che le parole custodiscono. È una conversazione che si riverbera causando un’eco attorno a me, non è il solipsismo autoreferenziale di una torre d’avorio: se mi chiudo all’incontro trasparente con ciò che in me vive, questo si riverserà sulle relazioni; se mi consegno all’incontro cristallino con ciò che mi abita, questo potrà diventare una benedizione per coloro che incrociano la mia esistenza.
Signore, Signore: Gesù mi accompagna a conoscere e a liberare me stesso, mi accompagna a rendere me casa costruita sulla roccia dove posso abitare io per primo, mi accompagna a diventare una dimora solida con la porta aperta.
Carmine Carano SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato