don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 22 Giugno 2022

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L’ALBERO DELLA CROCE RENDE FECONDA LA NOSTRA VITA DI FRUTTI BELLI E BUONI NELL’AMORE DI CRISTO

Dio salva con la stoltezza della predicazione della Croce dove l’amore brucia la menzogna. Cristo ha lasciato che le spine di ogni rovo seminato dal demonio gli trafiggessero il capo, per ridarci una ragione libera nella verità, capace di discernere e predicare l’amore di Dio. Che Cristo ci leghi come Isacco al legno della Croce, perché, innestati sul suo amore, possiamo dare un frutto che rimanga, l’amore oltre la morte. Esso è la vera e unica profezia che può salvare l’uomo, tagliando e bruciando la selva di menzogne ideologiche che lo tiene schiavo.

La bellezza salverà il mondo scriveva Dostoevski. Nell’originale greco, “kalos”, il termine tradotto con “buoni” riferito ai frutti, si può rendere anche, e meglio, con “belli”. Gesù parla dunque di “frutti belli”, opposti a quelli “cattivi”. Il più bello tra i frutti è Lui, il più bello tra i figli di Adamo, eppure senza bellezza e splendore mentre offriva la la sua vita sull’albero della Croce. I “frutti belli”, infatti, sono quelli che nascono dalle ferite di Cristo crocifisso, così terribili da far coprire il volto: frutti belli perché insanguinati, frutti buoni perché germinati dalla sofferenza! Frutti belli e buoni perché testimoniano la Verità: “ciò che si manifesta in Cristo è la bellezza della Verità, la bellezza stessa di Dio che ci attira e nel contempo ci procura la ferita dell’Amore, che ci fa correre, assieme alla Chiesa e nella Chiesa/Sposa, incontro all’Amore che ci chiama” (J. Ratzinger). 

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Un profeta autentico è il “nebi’a” inviato da Dio ad annunciare la verità che, illuminando la realtà, rivela la “chiamata” e indica nel compimento della volontà di Dio il cammino sul quale “correre” per incontrare il Signore. Quando predice l’avvenire lo fa rivelandolo come conseguenza dell’accoglienza o meno della verità e della volontà di Dio. I frutti dai quali possiamo riconoscere un “falso profeta”, sono, invece, quelli della “bellezza ingannevole e falsa, che abbaglia e imprigiona gli uomini in se stessa, impedendo loro di aprirsi all’estasi che indirizza verso l’alto. Una bellezza che non risveglia la nostalgia dell’indicibile, la disponibilità all’offerta, all’abbandono di sé; che alimenta invece la brama e la volontà di dominio, di possesso, di piacere” (J. Ratzinger). Sono i frutti che germinano dalla menzogna, che oscurano la verità e mostrano la volontà di Dio come una frustrazione e un male per la propria vita, un impedimento al piacere e al suo godimento: “non morirete affatto” ha detto ad Eva il demonio sotto le vesti del serpente, il padre di tutti i falsi profeti.

Non a caso il frutto offerto da satana appariva bello agli occhi di Eva. Ma era avvelenato. Era pura menzogna, luce sfavillante a nascondere il veleno di morte. I “falsi profeti” sono annidati ovunque, parlano di pace e hanno dentro la guerra. La labbra unte di dolcezza, la lingua suadente e adulante, lingua di serpente, velenosa. Ipocriti, adescano le anime con discorsi giusti al momento giusto, ci parlano della giustizia che cerchiamo, ci ispirano cammini ragionevoli, sembrano dare senso alla nostra vita. “Come agnelli sono vestiti”, truccati di umiltà e mitezza, infilati nella logica stringente del bene comune, dei diritti di tutti, di lotta all’ingiustizia, di ribellioni e indignazioni; solleticano la carne spianando la strada alla concupiscenza. 

Come quando inducono alla morte in nome della vita, all’abominio in difesa dell’amore, all’egoismo in nome dell’autodeterminazione. Sono esaltati quali campioni della società cosiddetta civile, la più incivile che vi sia, che “scarta” dalla “civitas”, dalla città degli uomini, coloro che non ritiene degni. E’ l’ipocrisia dei “falsi profeti” che hanno mangiato dell’albero della conoscenza del bene e del male e si illudono di essere divenuti come Dio, arbitri infallibili che stabiliscono cosa sia giusto e cosa ingiusto, il buono e il cattivo: che si arrogano il diritto di stabilire quando e come una vita sia degna d’essere vissuta, condannati a legiferare scambiando il male con il bene, per finire col gustare e far trangugiare a tutti il veleno mortale dei frutti generati dai loro pensieri corrotti. Come i nostri, che offriamo in famiglia, al lavoro, ovunque, quando crediamo al demonio e ai suoi profeti, e ci immergiamo nell’illusione di essere capaci di stabilire quale e cosa sia il buono per il coniuge, i figli, i colleghi e gli amici.

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Per questo abbiamo bisogno di ascoltare i “veri profeti”, non una ma milioni di volte! Abbiamo bisogno di essere iniziati alla fede; non basta la messa della domenica, il mondo e i suoi falsi profeti ci annegano nelle menzogne! Abbiamo bisogno di luoghi e comunità dove i pastori e i catechisti ci annuncino il Vangelo della Verità, la Buona Notizia che smentisce le false buone notizie che il mondo ci propina; non possiamo fare a meno di momenti da difendere con i denti, nei quali spegnere le voci mondane e ascoltare i veri profeti che ci trasmettono, in tutta la sua bellezza e verità liberante, il magistero della Chiesa; è urgente che la Chiesa ci accompagni con catechesi che parlino alla nostra vita e non siano mera accademia, capaci di guidarci nel discernimento quotidiano, noi e i nostri figli.

Del Vangelo abbiamo bisogno, per resistere ai fendenti del mondo che ha sostituito i peccati con i reati, costruendosi morali su misura delle concupiscenze.  E’ decisivo dunque il seme che si accoglie, e che a nostra volta seminiamo, perché poi, “un albero buono non più produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni”. E non c’è da meravigliarsi se i figli scivolano nell’accidia egoista di chi si sente il centro dell’universo: essa è il “frutto” del relativismo che abbiamo seminato in loro! “Non possono” dare frutti diversi, perché “non si raccoglie uva dalle spine o fichi dai rovi”. 

Per questo il Signore ci dice di “guardarci dai falsi profeti”, di difenderci cioè dal nemico che attenta alla nostra anima, porgendo l’orecchio ai veri profeti, accompagnando i nostri figli ad ascoltarli, prima di ogni altro impegno! A divenirlo noi stessi alla loro sequela. La vera educazione è sempre una profezia, legge il presente e lo illumina per annunciare il futuro; l’amore sincero è sempre una profezia che incarna il dono di Cristo; una vera amicizia non nasconde mai la verità all’amico. Un vero profeta è colui che indica nella Croce la bellezza della Verità; è colui che chiama ad unirsi a Cristo per amare e donarsi attraverso la porta stretta che si presenta ogni giorno: lo studio spesso arido, il lavoro routinario e senza gratificazioni, il rapporto difficile fatto di ascolto, pazienza e perdono con il coniuge e ogni persona, la castità, l’obbedienza, la sottomissione, il non resistere al male, tutto quello che Gesù ha annunciato nel Discorso della Montagna.

Per questo, un profeta vero, è capace di dire “no” anche quando un “si” appare più conveniente, e apre la porta alla discesa dello Spirito Santo, come accade sempre all’annuncio del Kerygma, la profezia delle profezie. Ogni profeta che non ami la Croce, e, come gli angeli dell’Icona in alto, non ce la indichi incessantemente parlandoci di lei, che non ce la faccia amare e abbracciare, è un “falso profeta”, un “rovo di sole spine”, senza frutti. Un profeta che ci annunci la Croce Gloriosa del Signore Risorto è un vero profeta, perché la Croce è il segno che Dio ha posto per discernere i veri dai falsi profeti: come accadde ad Elia, che smascherò i falsi profeti di Baal, l’annuncio del Vangelo è un fuoco che discende dal Cielo e brucia le menzogne del mondo nella fornace della Verità. Il demonio, infatti, fugge alla sua vista. Per questo ogni profezia autentica è un esorcismo che libera gli uomini.

Profetizza la verità a tuo figlio, ai tuoi parrocchiani, vedrai il demonio scappare. Vai ad ascoltare con tua moglie i profeti che ti annunciano il Vangelo, vedrai il tuo matrimonio risanato. Dio ha voluto salvare il mondo solo con la stoltezza della predicazione di Cristo e Cristo crocifisso. Essa è profezia che si compie perché “taglia” e “getta nel fuoco” della misericordia ogni “albero cattivo” piantato dal demonio che in noi distende i suoi rami di malizia. Sulla Croce, infatti, l’amore ha polverizzato la menzogna che ci tiene schiavi, perché Cristo ha lasciato che le “spine” di ogni “rovo” di ideologie e mistificazioni seminato dal demonio gli trafiggessero il capo, per riconsegnare a noi una ragione libera e purificata nella verità, capace di discernere l’amore nella storia. Che la voce del Signore ci leghi come Isacco al legno della Croce, perché, innestati sul suo amore, possiamo dare un frutto che rimanga, la profezia vera che può salvare l’umanità.