Le faremo sapere. Quando senti che la tua vita non interessa a nessuno
Nel deserto quando si fa sera
Tutti noi attraversiamo zone deserte, sia nella nostra vita personale sia nel nostro cammino insieme. E mentre siamo nel deserto, quando abbiamo sperimentato la solitudine, lo smarrimento e la fame, arriva poi anche la sera. Si fa buio quando ancora non abbiamo trovato una strada. Siamo presi dall’angoscia, tutto sembra finito, tutto sembra morire, senza aver trovato una via d’uscita. Possiamo anche aver fatto l’esperienza di Dio, magari abbiamo anche ascoltato la sua Parola, forse ne siamo stati colpiti, possiamo persino aver fatto l’esperienza della guarigione, ma ciò non toglie che ci sentiamo persi quando Dio sembra assente. Sì, Dio è passato nella mia vita, ma adesso come farò ad uscire da questo deserto?
La vita è altrove
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Il testo di Luca ci interpella in modo particolare sul compito della Chiesa davanti a questo smarrimento della folla. Non c’è dubbio che i Dodici manifestino una certa stanchezza. Stare dietro a Gesù è impegnativo. Vorrebbero probabilmente non solo riposarsi e mangiare, ma forse hanno anche il desiderio di vivere finalmente un tempo di intimità con il Maestro.
È comprensibile che pensino alla loro stanchezza, ma colpisce che non sentano la compassione per la stanchezza degli altri. Vedono la stanchezza della folla, ma non la sentono come un loro problema. Non ritengono che sia un loro compito. Comprendono che la gente ha bisogno di cercare da mangiare e per questo chiedono a Gesù di mettere le persone in condizione di andare a trovare altrove una risposta alla loro fame. In un certo senso chiedono di liberare le persone perché possano pensare alla loro vita. Non vedono una relazione tra l’insegnamento di Gesù e il problema concreto della fame della gente. Le parole di Gesù sono forse per loro solo consolatorie, un incoraggiamento, un sostegno, ma poi effettivamente la vita va vissuta altrove con i suoi problemi.
Dare o comprare?
I Dodici sono ancora all’interno di una logica mondana, quella del comprare. Forse non si accorgono del verbo differente usato da Gesù, il quale li invita a dare. I Dodici hanno tutto quello che serve, ma non se ne accorgono: cinque pani e due pesci, cioè sette elementi! La pienezza, eppure pensano che la gente debba andare a cercare altrove quello di cui ha bisogno. Non hanno compreso, o non credono ancora, che Gesù è la risposta alla fame della gente.
Un compito che continua
Giocando con la grammatica dei verbi, Luca mette in evidenza che c’è un’azione puntuale che Gesù ha compiuto: alzò gli occhi, recitò la benedizione, spezzò i pani. Luca cambia il tempo del verbo quando deve indicare invece l’azione mediante la quale Gesù dà i pani ai discepoli affinché li distribuiscano, lasciando intendere che quell’azione, iniziata in quel momento, continua nel tempo: da allora in poi Gesù continua a dare il pane ai discepoli affinché li distribuiscano.
Notiamo anche che i pani vengono dati non solo ai Dodici, protagonisti della prima parte del testo, ma ai discepoli, cioè a un gruppo più allargato, a cui è affidato questo compito. I pani e i pesci non sono moltiplicati (come di solito si usa dire), ma vengono distribuiti. È significativo infatti che tendiamo a leggere questo evento come un’occasione di efficace produzione aziendale, in realtà il miracolo vero sta nella condivisione.
Un popolo nuovo
Da questa condivisione, da questa logica nuova, nasce il nuovo popolo di Dio: avanzano dodici ceste, affinché ciascuno dei Dodici porti con sé il segno di quello che è accaduto. È un popolo nuovo rispetto a quello che ha attraversato il deserto con Mosè: c’è infatti un rimando a Es 18,25 in quella formazione di gruppi di cinquanta persone. Ed è un popolo nuovo perché non c’è più bisogno di mangiare in fretta e in piedi come nell’ultima cena in Egitto, ma si può mangiare sdraiati e con calma.
Oggi questo testo risuona come un appello alla Chiesa a interrogarsi su come stiamo distribuendo il pane che Gesù mette nelle nostre mani. È un appello forse anche a guardare al dono del sacerdozio. È un invito a ritrovare il valore del sacerdozio comune mediante il quale ogni battezzato è chiamato a partecipare a questa missione di condivisione. Un invito a riscoprire il senso del sacerdozio ordinato, che non può essere ridotto a un privilegio, ma neppure a una funzione o una professione nella quale si può essere più o meno bravi, si tratta piuttosto di un legame impegnativo tra il discepolo e Cristo. La festa di oggi è però un appello anche per ogni persona a interrogarsi sui luoghi in cui stiamo andando a cercare la risposta alla nostra fame, soprattutto quando attraversiamo i deserti della nostra vita.
Leggersi dentro
Quale spazio ha l’Eucaristia nella mia vita?
In che modo mi prendo cura della fame degli altri?
per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte