Il “cachot” di Dio
In questi giorni sto leggendo un bel libro di padre Alberto Maggi che ripercorre la vita di Bernadette Soubirous, la giovane ragazza che a Lourdes disse di aver visto e parlato con la Madonna, apparsa nella Grotta di Massabielle. Il libro si intitola “Bernadette, la vera storia di una santa imperfetta” (ed. Garzanti 2022). Nel raccontare gli inizi di questa storia straordinaria, padre Maggi evidenza l’ambiente poverissimo nel quale la 14enne nasce e cresce, dove la grande povertà materiale dei protagonisti si mescolava con quella loro culturale.
Il simbolo di questa situazione di degrado è l’abitazione nella quale Bernadette si trova a vivere con la famiglia al tempo delle apparizioni, nel febbraio del 1858. Il “chachot” è una umida e malsana stanza che fungeva in passato da prigione, nel seminterrato di una casa. Questo luogo, che ho visitato e che molto mi ha colpito, dice molto della storia umana e anche spirituale di Bernadette. È in questa situazione di grande povertà, piccolezza e limite che Dio in qualche modo trova spazio nella vita della famiglia Soubirous, che se pur era priva di soldi, capacità e salute nei suoi membri, non mancava di amore, e forse per questo proprio a partire da quell’umile dimora la giovane Bernadette cresce nell’esperienza di Dio fino a diventare simbolo di santità. Dall’umile cachot, dalla povertà anche della grotta di Massabielle, e soprattutto dalla povertà della sua vita, Bernadette arriva agli onori degli altari nel 1933.
Gesù nell’ultima cena, secondo il racconto di Giovanni, dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.
Dio trova casa dove c’è amore, dove c’è il desiderio di orientare la propria vita secondo gli insegnamenti di Gesù. Lo stesso Maestro di Galilea con la sua umanità porta a livello umano la presenza di Dio indicando come diventare noi stessi spazio di Dio dentro la nostra umanità, così come essa è, con tutti i limiti e le povertà della condizione umana.
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Mi piace davvero pensare che Dio non rimane in un irraggiungibile cielo lontano, alto come certi altissimi piedistalli e altari, ma vuole trovare casa nel nostro angusto “cachot” umano, dentro le pareti della nostra vita anche quando è segnata dai nostri errori, dalle vicende tristi e tragiche della storia, dal peccato che inevitabilmente ci condiziona. Basta solo che ci sia amore, un amore concreto come quello di Gesù. Ed è per questo che il Signore stesso promette ai suoi amici l’azione dello Spirito Santo, che ricorda le parole di Gesù che aiuta a rendere attuali i suoi insegnamenti.
Lo Spirito Santo, il soffio caldo e buono di Dio dentro la nostra mente, ci aiuta a fare un ponte tra Vangelo e vita, tra le parole e i gesti di Gesù e le nostre parole e gesti, tra il cielo e la nostra piccola terra. E così anche la situazione più difficile e limitata di vita può diventare spazio per amare davvero, senza paura e limiti e quindi offrire una dimora davvero degna di Dio Amore.
Oggi a Lourdes colpiscono le grandi chiese e gli ampi spazi costruiti per accogliere i milioni di pellegrini che arrivano, tanti dei quali malati come lo era Bernadette, e che sono sicuramente segno di grande devozione e fede. Ma per me è proprio il piccolo e povero “cachot” della famiglia Soubirous abitato dall’amore a dirci ancora qual è il vero luogo dove Dio desidera trovare oggi spazio per abitare.
Giovanni don
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)