Paolo Curtaz – Commento al Vangelo di domenica 22 Aprile 2022

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Sapendoci amati

La città di Dio non ha bisogno della luce del sole o della luna perché Dio la illumina. 

Così Giovanni, ormai anziano, dall’isola di Patmos dove è in esilio, immagina la nuova Gerusalemme, quella che scende dal cielo, da Dio, adornata come una sposa pronta ad incontrare il proprio sposo. Una città costruita sulla testimonianza dei dodici basamenti, gli apostoli, con dodici porte (il dodici in Israele è la totalità), tre per ogni lato, in modo che chiunque possa entrare.

E noi ci confrontiamo con le nostre comunità stanche, impaurite, smarrite, e chiediamo allo Spirito di darci una mossa, una scossa, di scuoterci nel profondo.

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Lo ha detto chiaramente, il risorto: non dobbiamo temere, né avere paura, né essere turbati.

Dal mondo che implode, dalla violenza di chi uccide nel nome di Dio, dalla violenza di chi uccide nel nome degli antichi dei, il potere e il denaro, dal clima di crescente disumanizzazione, di rissa e di declino che respiriamo ogni giorno. 

No, non abbiamo paura.

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Concilio

Paolo e Barnaba lottano ma non riescono, spiazzati e storditi dal dover combattere in casa proprio, contro l’opinione di fratelli nella fede. Alcuni farisei diventati cristiani vengono appositamente ad Antiochia per denigrare il loro lavoro, per dire ai neofiti che prima di tutto devono farsi circoncidere. No, certo, non si aspettano di essere aggrediti dai (sé dicenti) fratelli nella fede. E che fanno?

Scendono a Gerusalemme, dagli apostoli, discutono, spiegano, chiedono aiuto.

Aiuto che arriva con tutta l’autorevolezza di chi, ad ascoltare Gesù, c’era.

Vanno alla sorgente. Come dovremmo fare anche noi, oggi.

Si ascoltano le diverse opinioni, si argomenta, si discute. Animatamente ma con il solo desiderio di assecondare quanto Cristo avrebbe fatto.

Una lettera rassicura e incoraggia i nuovi arrivati: le porte della nuova Gerusalemme terrena sono spalancate. Se oggi siamo qui è per quella scelta profetica e lungimirante.

Di chi ha il cuore che arde per dire di Dio. Per condurre tutti a conoscere quanto sono amati.

Dimorare

Gesù ci chiede di osservare la sua Parola, di realizzarla, di incarnarla nelle nostre scelte. Se la fede resta evento da tirare fuori un’ora a settimana o nei momenti di difficoltà non facciamo esperienza dell’essere abitati dal Padre e dal Figlio.

Gesù lo dice esplicitamente: abitare la Parola, frequentarla, conoscerla, pregarla, meditarla sortisce l’effetto di una inabitazione divina.

Dio ci abita. Sperimentiamo la presenza divina. 

Cresce in noi la consapevolezza crescente di essere orientati verso Dio, l’esperienza di avvertire la sua presenza. La fede allora non si riduce a una scelta intellettuale, a uno sforzo della volontà ma evolve fino a diventare la dimensione perenne in cui abitiamo.

Dio sempre, Dio ovunque, Dio cercato, Dio amato.

Dimorare: restare, non fuggire, non scostarsi. 

Dimorare: abitare, conoscere, capire, frequentare. 

A questo siamo chiamati per sperimentare la gloria.

Conosciamo e meditiamo la Parola che ci permette di accedere a Dio.

Ricordare

Non capiamo tutto, e ci mancherebbe, nemmeno la Chiesa possiede Dio interamente, ma da lui è posseduta.

Gesù ha detto e dato tutto, la Rivelazione è conclusa, non necessitiamo di veggenti che ci spieghino come fare. Ma non abbiamo ancora capito tutto. O ci siamo dimenticati. O abbiamo nascosto la Parola dietro cumuli di parole.

Lo Spirito ci viene in soccorso e ci illumina. Illumina la Chiesa nella comprensione delle parole del Maestro. Illumina la nostra coscienza e ci permette di capire cosa c’entri la fede con la nostra vita e le nostre scelte quotidiane. 

Invocare lo Spirito prima di ogni scelta, prima della preghiera, prima delle celebrazione dell’eucarestia ci permette di avvicinarci al vangelo con la freschezza che merita, con lo stupore di chi vi trova sempre delle novità.

Pacificati

Per sperimentare la gloria dobbiamo fare la pace in noi stessi. 

Il confine del male e del bene è nel nostro cuore, il nemico è dentro di noi, non fuori, e la prima autentica pacificazione deve avvenire nel nostro intimo con noi stessi e la nostra violenza e la nostra rabbia, la parte oscura che i discepoli chiamano peccato

I cristiani, spesso, quando parlano di pace… pensano al cimitero! Una scorretta e parziale visione di fede, là dove il cristianesimo è fiacca e svogliata appartenenza parla di pace il primo novembre, pensando ai nostri defunti che riposano “in pace” (e che devono fare, ballare?). 

La pace, secondo la parola di Gesù, è il primo dono che egli fa, risorto, apparendo agli impauriti discepoli. Un cuore pacificato è un cuore saldo, irremovibile, che ha colto il suo posto nel mondo, che non si spaventa nelle avversità, non si dispera nel dolore, non si scoraggia nella fatica. 

Un cuore che si scopre amato. 

La scoperta di Dio, nella propria vita, l’incontro gioioso con lui, la percezione della sua bellezza, la conversione al Signore Gesù riconosciuto come Dio, suscita nel cuore delle persone una gioia profonda, sconosciuta, diversa da ogni altra gioia. È la gioia del sapersi conosciuti, amati, preziosi. Dono di Cristo

Ecco, questa è la pace: sapersi nel cuore di una volontà benefica e salvifica, scoprirsi dentro il mistero nascosto del mondo. Credere in questo, adesione alla fede quasi sempre tormentata e sofferta, non immediata e leggera, dona la pace del cuore.

Io sono amato, tu sei amato. 

Siamo agapetoi, amati.

Insieme a Dio possiamo cambiare il mondo. 

Questa pace è pace profonda, pace salda, pace irremovibile, ben diversa dalla pace del mondo, pace che viene venduta come assenza di guerra o, peggio guerra che viene ritenuta necessaria per imporre la pace. 

Pace nel sapersi amati che permette di affrontare con serenità anche le paure. 

Paura del futuro, della malattia, del lavoro precario, della pandemia, del non sapersi amati, paura. 

La pace del cuore, dono e conquista, fiamma da alimentare continuamente alla fiamma del risorto, aiuta ad affrontare la paura con fiducia, a non avere il cuore turbato. Alla fine di questi splendidi giorni di Pasqua, invochiamo il Consolatore, donato dal Padre, per affrontare la nostra quotidianità con la certezza della presenza del Signore, giorno dopo giorno, passo dopo passo.

  • Io ci sono e sono con voi. Ogni giorno alle 20 (Alle 21 la domenica) sui miei canali Facebook e Youtube non mancate la piccola lectio #FTC per far crescere la fede e la speranza in questo tempo di Coronavirus
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