“Quando Gesù fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città, pianse su di essa…” (Lc 19,41)
E’ così complesso e intenso il tempo che attraverso la domenica delle Palme inizia per noi cristiani, che ho preferito rimanere per un istante su un’altura poco distante dalla città. Da questo scorcio, ci dice il vangelo, Gesù alla vista di Gerusalemme scoppiò in pianto. Non so cosa vedesti Gesù. Non so quale profilo della città ti colpi il cuore. Non piangevi certo per la bellezza del paesaggio, ma per l’occasione sprecata che quella gente e quella città, e con essi gran parte della storia, si erano perse, correndo dietro cose inutili.
Vorrei dirti qualcosa, ma non so cosa dirti. Vorrei giustificare quella gente, giustificare me, ma non esiste giustificazione davanti alle cose serie della vita. Certe cose o le vivi o non le vivi. E non ci sono attenuanti.
Vorrei che non accadesse mai che fosse troppo tardi per cambiare. Ma non c’è dato tutto il tempo. C’è dato solo il tempo necessario, e se superiamo quella soglia, allora avremo perso in eterno l’unico treno che ci avrebbe portati a qualche parte di vero.
Tu piangi, e attraverso quegli occhi carichi di lacrime già lavi le mani insanguinate di chi ti metterà in croce.
Vedi la città da fuori e l’ultima vista di Gerusalemme sarà da fuori, da un altra altura, il Golgota.
Tu muori fuori. Dopo che tutti prendono le distanze da te. E mi domando se in questo tempo tu sei dentro o ti abbiamo fatto fuori anche noi dai recinti delle nostre case, dalle nostre famiglie, dalle nostre amicizie, dai nostri templi.
Da fuori tu sei un Dio innocuo. Dentro, invece, sei un Dio scomodo. Vedi Gesù, ti difendiamo appeso ai muri delle nostre aule, ma forse lo facciamo per non inchiodarti dentro di noi, dentro le nostre scelte, dentro i nostri ragionamenti, dentro le nostre vite. Sui muri, come nella campagna di Gerusalemme, tu sei sopportabile.
Dentro invece, pretendi troppo. Pretendi che diventiamo noi stessi. E si sa che diventare se stessi significa morire a ciò che si è ora per rinascere nuovi. Ma la morte non è mai piaciuta a nessuno.
NUOVO COMMENTO DELLA DOMENICA