La libertà è il bisogno più profondo che abita il cuore dell’essere umano. È ciò che il cuore cerca, per cui lotta, per cui accetta di affrontare grandi sacrifici e immense rinunce. E di libertà si parla oggi e nel dialogo fra Gesù e i Giudei, che già credono alle sue parole. È interessante questo dettaglio, credono in lui: allora da dove arrivano il conflitto e la tensione che avvertiamo infittirsi nel corso del dialogo? In gioco c’è la comprensione del nucleo fondamentale, il più profondo, il loro (nostro) essere liberi. Perché sono parole difficili da accettare, quelle di qualcuno che ti avverte dicendo che: “Tu non sei libero!”. Di che libertà parla Gesù?
È la libertà dell’essere figli. È l’essere liberi dalla necessità di competere, di affermarsi, di sedurre, di convincere, di dimostrare. È una condizione molto vicina al silenzio dell’intimità, che non richiede parole e si nutre di presenza. È lo stare con, il rimanere…
A volte accade di confidare troppo nel numero delle parole che possiamo trovare; o nella qualità dei pensieri, che devono essere acuti e brillanti; o nell’intensità delle emozioni che viviamo, come se la relazione con Dio dipendesse dagli uni o dalle altre. E ne siamo così convinti che la possibilità di rinunciarvi desta sospetto e viene avvertita come una minaccia. “Non basta restare con..”, così ci dice la voce interiore che teme il vuoto e teme il silenzio. “Non basta restare con…”, dicono i Giudei a Gesù, “noi abbiamo Abramo”.
Proprio Abramo, invece, è l’uomo che ha creduto, perché non ha temuto il vuoto del futuro appoggiato ad una promessa impossibile; non ha riempito di parole il silenzio che indicava una direzione, non piani, non progetti, ma solo una direzione.
La libertà che Gesù è venuto a mostrare, “Siete figli, basta stare con…”, è fragile e vulnerabile, può essere facilmente nascosta, mascherata, rimossa. Ma è insopprimibile, come il suo anelito che abita nei nostri cuori.
Diego Mattei SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato