p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 27 Marzo 2022

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p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

La vicenda del padre e dei due figli è parabola sempre nuova che assume risvolti inediti quando ascoltata in una situazione segnata dal conflitto e da un disattesi desideri di riconciliazione.   Nei volti dei due figli non stanno solamente situazioni personali, ma vicende dei popoli e della storia. E’ parabola che narra al suo centro l’iniziativa continua e senza riserve di un padre che desidera condividere la sua vita generando fraternità. E’ infatti il profilo del padre al centro di questo racconto di Gesù. Attendendo e facendosi vicino all’uno e all’altro figlio, mostra il desiderio che lo anima, che il vivere insieme nella casa sia esperienza di ospitalità e fratellanza.

Tutti i figli, nei loro diversi cammini, sono benvoluti, accolti, guardati con tenerezza; non sono servi né estranei in quella casa. Nei gesti della cura e dell’affetto viscerale il padre reca in sé i tratti di chi è capace di attesa e nel contempo di delicatezza e accoglienza senza limiti. E’ lui che va incontro per primo al primo figlio, allontanatosi dalla casa alla ricerca di una libertà pensata al di fuori di un rapporto avvertito come vincolante; per lui si commuove nel profondo richiamando i termini con cui Geremia parlava dell’amore di Dio verso il suo popolo: “Fammi ritornare e io ritornerò, perché tu sei il Signore, mio Dio… 20Non è un figlio carissimo per me Èfraim, il mio bambino prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si commuove per lui
e sento per lui profonda tenerezza».” (Ger 31,18-20).

Il suo amore ha tratti femminili e materni: “Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.” (Is 49,14-15). Al centro di questa vicenda di abbandono della casa da parte del figlio affascinato da una libertà da ricercare fuori e altrove in un’autonomia senza regole sta lo sguardo paziente del padre. E’ lui che lo attende gli corre incontro e lo abbraccia, anticipando ogni richiesta e ponendo gesti che rivelano quanto sia gratuito e profondo il suo amore. Per il figlio tornato si fa festa ed è una festa non per un pentito ma per lo sposo: il padre stesso si pone a servizio e pone il figlio al centro della festa (cfr. Lc 12,37).

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Non è un giudice senza misericordia, ma è preoccupato della libertà dei suoi figli, rispettoso dei percorsi di ognuno. Ed è il medesimo padre che prende l’iniziativa di uscir fuori, nella ricerca dell’altro figlio, non dimenticando nessuno. L’altro figlio aveva vissuto nella casa, ma come un estraneo, avvertendo su di sé e nutrendo anch’egli lo sguardo di giudice impietoso, con la convinzione di esser giusto al punto da poter disprezzare gli altri, simile a quel fariseo che pregava: “ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano” (Lc 18,11-12).

Anch’egli ha bisogno di compiere un cambiamento interiore e radicale. Deve aprirsi ad un vedere nuovo superando la cecità che gli impedisce di riconoscere l’amore del padre: il suo grande peccato. Ha bisogno di scoprirsi amato e perdonato, ma anche di aprirsi a guardare l’altro, colui che indica con disprezzo come ‘tuo figlio’, come un fratello. Le parole finali del padre sono l’indicazione di un itinerario di riconciliazione: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». Il dono di Dio Padre è abbraccio benedicente che rende possibile scoprire la preziosità della propria vita e di quella dell’altro, da incontrare come fratello. Pasqua è dono di riconciliazione che spinge ad una prassi di cambiamento: nella linea di fraternità da costruire nella storia.

Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi

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