Nella parabola si parla del Signore come del padrone della vigna: Dio però non è un padrone poiché non si appropria di nulla ma al contrario dona tutto a tutti. Piantò una vigna, lavoro lungo e faticoso, la delimitò con la siepe (la legge), per indicare al suo popolo il bene e proteggerlo dal male. “Vi scavò un torchio” per spremere il frutto della vigna, che è l’altare da cui sale quel sacrificio gradito a Dio che è la misericordia dell’uomo, “costruì una torre” (il tempio) che serve a custodia della vigna e deposito dei frutti.
Fatto tutto questo la affidò a dei coltivatori (gli uomini) poiché potessero collaborare alla sua azione generatrice coltivando e custodendo il giardino. Dopo aver fatto tutto questo il Signore “se ne andò lontano”: la sua presenza di Padre è affidata alla responsabilità di figli adulti, che vivono da fratelli. All’uomo viene donato tutto, anche la libertà di agire come Lui in qualità di custode della vigna!
Questo amore e questa libertà ci pongono davanti ad una scelta: voglio vivere da figlio che accoglie il dono e lo fa crescere, alimentandolo ogni giorno perché il Signore, al suo ritorno, trovi un buon raccolto oppure voglio possedere ciò che ci è stato donato finendo così per distruggerlo?
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