Don Joseph Ndoum – Commento al Vangelo del 6 Marzo 2022

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L’episodio della Trasfigurazione di Gesù si trova al centro di questa seconda domenica di quaresima. E’ per portarci a riflettere sul destino di trasfigurazione a cui siamo tutti chiamati. Il racconto della Trasfigurazione di Gesù è la seconda rivelazione della sua identità filiale. La prima è avvenuta in occasione del suo battesimo.

Dio si rivela all’uomo per attirarlo a sé

Gn 15,5-12.17-18; Salmo 26; Fil 3,17 – 4,1; Lc 9,28-36

L’episodio della Trasfigurazione di Gesù si trova al centro di questa seconda domenica di quaresima. E’ per portarci a riflettere sul destino di trasfigurazione a cui siamo tutti chiamati. Il racconto della Trasfigurazione di Gesù è la seconda rivelazione della sua identità filiale. La prima è avvenuta in occasione del suo battesimo. In tutti e due gli eventi, la voce del Padre presenta Gesù come suo Figlio. La novità (rispetto alla teofania del battesimo) di questa seconda ed ultima volta che il Padre parla è l’appellativo “eletto” e l’invito all’ascolto del Figlio.

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E’ Dio Padre in persona che offre la propria garanzia: Gesù è il profeta che devono ascoltare. L’appellativo “eletto” è ripreso dalla presentazione del servo del Signore che ha il compito non solo di liberare i figli di Israele, ma anche di essere luce delle nazioni. La Trasfigurazione è il punto d’arrivo dell’universo. Il volto di Gesù, bellezza di Dio e compimento del suo disegno di salvezza, è il nostro vero volto, nel quale, per il quale e in vista del quale siamo stati fatti (Col 1, 15). In lui tutto raggiunge il suo fine e si ricongiunge al suo principio. Il racconto della Trasfigurazione segna una svolta decisiva sia nel cammino di Gesù, che va verso Gerusalemme, sia in quello dei discepoli, ai quali il Padre mostra il mistero del Figlio.

In effetti, la presenza di fianco a Gesù dei due personaggi emblematici dell’Antico Testamento, Elia (il Padre dei profeti) e Mosè (il mediatore della Legge), ha una valenza molto significativa. La Legge e i profeti parlano di lui, compimento di ogni promessa di Dio. E la comparsa di Mosè ed Elia accanto a lui conferma che il tempo dell’attesa e della promessa è compiuto. Perciò, al termine resta solo Gesù: basta solo lui come dottore della Legge perfetta e definitiva, e come compimento di tutte le Profezie. Quindi, la scena conclusiva mette in risalto il ruolo mediatore unico di Gesù riguardante la parola rivelatrice di Dio. Questo messaggio è particolarmente importante per i tre personaggi e per i loro compagni.

Si tratta di seguire un Messia che adesso vedono avvolto nello splendore della gloria, trasfigurato, ma che tra poco vedranno deriso, umiliato, sfigurato e condannato a morte. Mosè ed Elia parlavano di questa sofferenza e di questa morte vicina, e confortavano Gesù. La voce del Padre sembra anche un incoraggiamento, in previsione della passione. Il Padre invocato a gran clamore durante la notte di Getsemani a non risponderà, perché aveva già risposto a Thabor.

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D’altra parte, poiché gli apostoli dovevano vederlo posto tra le mani dei nemici, fosse stato bene che l’avessero visto prima nella gloria della trasfigurazione. Quindi adesso, tutte le precauzioni sono prese, e Gesù può andare al suo destino. La sua trasfigurazione è preludio alla sua risurrezione. Pietro vorrebbe eternizzare questo momento privilegiato. Interpreta la visione come un segnale di riposo definitivo, mentre essa costituisce un punto di partenza, un invito a camminare e a riprendere coraggio. Associando alcuni discepoli alla Trasfigurazione, Gesù vuole farci capire che anche i nostri corpi sono chiamati ad un destino di trasfigurazione definitiva e di vita in Dio.

“Faremo tre tende”. La tenda richiama la dimora di Dio tra gli uomini. In realtà tre sono i modi con cui Dio dimora tra noi: la Legge (Mosè) che ci àncora al passato, la promessa (Elia) che ci attira al futuro, e l’umanità di Gesù, presenza in cui si compie tutto il passato e termina tutto il futuro. Questa è la tenda definitiva di Dio tra gli uomini. Il principio della nostra trasfigurazione è l’ascolto di Gesù. Non c’è altra rivelazione da cercare. L’ascolto di lui ci rende come lui, figli di Dio, partecipi della sua vita. Senza la sua trasfigurazione neanche avremmo immaginato la gloria cui siamo destinati “E’ bello per noi essere qui”, dice Pietro. Infatti, è bello essere con Gesù trasfigurato. Qui raggiungiamo ciò per cui siamo fatti, e ci sentiamo a casa. Altrove è brutto e non possiamo stare. In Gesù trasfigurato, infatti, tutta la creazione raggiunge quella bellezza che Dio aveva aggiudicata fin dal principio. La viviamo più direttamente col nostro battesimo. La trasfigurazione corrisponde quindi alla vita nuova che il battesimo ci conferisce.

Don Joseph Ndoum