Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.
“Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero … Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, … il Signore ci fece uscire dall’Egitto … Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele.”
La fede di Israele trova sintesi in queste parole che erano pronunciate ad accompagnare un gesti di offerta: non un elenco di dottrine ma racconto che ripercorre i momenti di una storia in cui il popolo d’Israele ha incontrato Dio come presenza vicina, capace di chinarsi ad accogliere grido degli oppressi. E’ Colui che è sceso a liberare ed ha stretto alleanza con il popolo d’Israele. Il Dio biblico è riconosciuto come il “Dio dei nostri padri” presenza che si rende vicina, attua liberazione ed apre futuro. E’ il Dio ‘totalmente altro’, lontano e diverso dall’uomo, non riducibile ai suoi pensieri, e nel contempo il Dio vicino che si prende cura degli indifesi.
“ci fece uscire dall’Egitto.. ci condusse in questo luogo”: la terra è segno della sua promessa. Quel grido che del popolo d’Israele oppresso nella schiavitù d’Egitto continua oggi nel grido dei popoli oppressi.
Luca nel suo vangelo presenta con accenti propri l’episodio delle tentazioni di Gesù nel deserto. In particolare Luca situa il momento conclusivo di un confronto drammatico tra Gesù e il ‘divisore’ (il diabolos) non su di un alto monte (come in Matteo) ma sul pinnacolo del Tempio di Gerusalemme, al cuore della città santa. Gerusalemme nel vangelo di Luca ha un’importanza particolare: da lì tutto ha inizio e lì si compie il cammino di Gesù che proprio a Gerusalemme è condotto a morte. Luca intende indicare che la prova non è un momento passeggero o limitabile ad un evento, ma attraversa l’intera vita di Gesù e vede il suo culmine a Gerusalemme. Gesù risponde alle provocazioni con il rinvio alla Scrittura, all’esperienza della fede di Israele e di fronte alle tre prove la sua risposta è sempre rinvio alla fiducia in Dio Padre: “Solo al Signore tuo Dio ti prostrerai Lui solo adorerai”. E sulla croce, a Gerusalemme, Gesù vive l’affidamento ultimo al Padre con le parole ‘nelle tue mani affido il mio spirito’.
Le prove che Gesù deve affrontare riguardano il modo di essere messia. Innanzitutto non risponde alle attese di chi da lui attendeva facili risposte alle proprie esigenze con attenzione ai bisogni immediati: ‘Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane’. ‘Figlio di Dio’ era il titolo riferito al Messia (unto, consacrato) atteso come colui che avrebbe portato la signoria di Dio sulla terra. Gesù non intende la sua missione di messia in termini sacrali o miracolistici.
Egli non risponde neppure risponde alle attese di potere, tema della seconda provocazione: “Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo”. Gesù rifiuta la logica del potere e non intende essere un messia di tipo politico sul modello di coloro che sulla terra detengono il potere e impongono il loro dominio: ai suoi dirà “tra voi non è così”.
La terza tentazione riguarda un messianismo di tipo spettacolare: “Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: ‘Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano’”. Gesù respinge anche questa provocazione. Le sue opere di potenza non sono gesti spettacolari ma atti finalizzati a guarire, sanare, ridare speranza. Sono gesti che Gesù compie per lo più nella distanza dalla folla che ricerca prodigi e miracoli. L’orientamento della sua vita è nella scelta di povertà.
Luca colloca il racconto delle tentazioni di Gesù subito dopo la genealogia: in lui l’intera storia dell’umanità trova una risposta. Gesù la indica nell’affidamento a Dio, Padre misericordioso che scende a liberare i suoi figli. La quaresima ripropone un cammino di fede che ponga al centro l’accoglienza dell’agire di Dio che scende a liberarci.